Ritorno al nucleare in Italia ?
Questo intervento è uscito nel mese di febbraio 2009 su http://www.globalproject.info/index-it.html
Dati reali da prendere in considerazione:1. Le riserve mondiali di uranio fissile sono limitate e si prevedono esaurirsi in circa 50 anni;
2. secondo la Nuclear Energy Agency, il flusso di cassa di una centrale nucleare deve considerare:
• i costi di progettazione e costruzione per un periodo di circa 10 anni, con un picco intorno ai 5 anni;
• una vita produttiva di circa 40 anni, con costi di produzione elevati che comprendono anche prevedibili sostituzioni di parti importanti, con guadagni dalla vendita di energia elettrica variabili in funzione del mercato;
• costi di mantenimento della centrale (decommissioning), dopo la sua chiusura, per un periodo variabile da 30 a 50 anni.
Di fronte a queste evidenze l’Unione Europea NON ha incluso il nucleare tra le soluzioni previste nei piani per affrontare il cambiamento climatico perché il nucleare non arriverebbe in tempo a contrastare gli effetti del surriscaldamento globale.
3. In caso di chiusura dell’impianto, le barre di combustibile rimangono attive e devono essere raffreddate continuamente per diversi decenni; per questo il nucleare non soddisfa i criteri della sicurezza passiva;
4. durante il funzionamento del reattore nucleare, in caso di incidente il sistema di raffredamento passivo non esclude malfunzionamenti;
5. il nucleare civile è mantenuto da nazioni che hanno in attività il nucleare militare, mentre viene abbandonato dalle maggioranza delle altre nazioni, Germania compresa.
6. In sintesi si può affermare che il nucleare è:
• troppo poco come risorsa energetica rispetto alle necessità di un Paese altamente industrializzato,
• arriva troppo tardi,
• è troppo costoso,
• è troppo pericoloso.
Ecco perché, da qualsiasi punto di vista lo si voglia esaminare, l’accordo sottoscritto da Berlusconi e Sarkozy, è costruito su una serie di frottole. Vent’anni fa l’80,6 % degli italiani bocciava con un referendum il nucleare. Oggi da più parti, in particolare dal mondo scientifico legato alle più grandi imprese italiane dell’energia, ma anche dalla politica, specialmente il centrodestra ma anche settori del centrosinistra, a causa dell’aumento del costo del petrolio, dei cambiamenti climatici e delle tabella sulle emissioni di CO2 da rispettare legata al protocollo di Kyoto, si auspica di ritornare al nucleare o di rilanciare la ricerca verso un nucleare “pulito”, se mai esisterà.
Domanda: oggi si potrebbe rispondere in maniera diversa al quesito referendario dell’8 e 9 novembre 1987 ? Sono cambiate le esigenze ambientali ed economiche per cui oggi è opportuno rivedere quella scelta ?
La risposta è no ! In quanto rimangono ancora tante questioni irrisolte legate al nucleare. Malgrado siano passati vent’anni, il rischio che ci sia qualche malfunzionamento in una centrale rimane alto, la questione delle scorie non è stata assolutamente risolta, anzi siamo in difficoltà a smaltire quelle presenti ancora nel nostro territorio legate alle poche centrali che avevamo costruito prima del referendum. Lo smaltimento delle scorie costa tantissimo, presenta aspetti delicatissimi in tema di sicurezza e salvaguardia ambientale, inoltre non si può trascurare il rischio sismico presente in Italia e anche la forte densità abitativa che aumenterebbe l’effetto domino di un incidente nucleare. I tempi peraltro per la costruzione di una centrale sono lunghi, non meno di 15 anni, senza ovviamente dimenticare le problematiche di ordine amministrativo, autorizzativo e politico, legate alla scelta del sito ove costruire l’eventuale centrale.
Oggi bisogna invece avere il coraggio e la consapevolezza di dire che è necessario partire con una seria politica di risparmio energetico non solo attraverso soluzioni pratiche legate all’ecologia domestica ma anche, e specialmente, legate all’efficienza energetica degli edifici. Lì c’è la prima scommessa da vincere. Aumentare l’efficienza degli impianti di riscaldamento e del freddo, sostituire i serramenti, rilanciare la progettazione bioclimatica e la bio-architettura e, ovviamente, consumare meno e meglio. Poi si deve seriamente puntare alle energie rinnovabili: solare, geotermica, eolica e idroelettrica. Gli ultimi dati disponibili, sulla crescita del ricorso a queste fonti rinnovabili, sono incoraggianti. Le energie verdi stanno prendendo piede anche nel nostro Paese. Alla fine del 2007 la superficie cumulativa di pannelli solari termici avrà raggiunto la quota di 1 milione di m2 e 10.000 tetti solari fotovoltaici forniranno energia alla rete elettrica. Inoltre i parchi eolici avranno raggiunto una potenza di 2.700 MW in grado di generare quasi 5 miliardi di kWh all'anno, un valore pari ai consumi domestici di 4,5 milioni di italiani.
Si tratta di numeri che indicano un significativo cambio di tendenza. Si consideri, ad esempio, che nel campo del fotovoltaico negli ultimi 14 mesi sono stati collegati alla rete, o sono in corso di installazione, impianti per una potenza pari a 235 MW, cioè quattro volte più alti del totale installato nei 25 anni precedenti. Le nuove regole, in vigore dal gennaio 2008, hanno reso più semplice la procedura per il ritiro dell’energia elettrica da fonti rinnovabili e da generazione distribuita, garantendo maggiormente i piccoli produttori diffusi di energia. In tal modo si consente anche una migliore programmazione della produzione e più efficaci meccanismi di controllo, agevolando un settore che avrà un ruolo sempre più rilevante nei prossimi anni anche per gli obiettivi europei e soprattutto in un periodo di crisi economica generalizzata. Tutto questo conferma che si può seguire la strada delle rinnovabili e puntare a queste produzioni e incentivare la ricerca in merito.
Un dato deve far riflettere: dal dopoguerra ad oggi, il nucleare ha assorbito l’80% degli investimenti per la ricerca energetica, ma attualmente questa fonte copre solo il 6% del fabbisogno mondiale. Contributo che secondo l’International Energy Agency (IEA) è destinato a ridursi. Per quanto riguarda poi il costo, è risaputo che il nucleare è la fonte energetica più cara. E i massicci investimenti governativi, ad esempio negli Stai Uniti, erano legati alla corsa agli armamenti atomici. A questi costi di produzione dobbiamo poi aggiungere quelli relativi allo smaltimento delle scorie che rimangono ancora un problema enorme anche nel nostro Paese.
Mettere in sicurezza gli 80 mila metri cubi di scorie provenienti dallo smantellamento dei reattori e dai combustibili esausti della precedente esperienza nucleare italiana ci costeranno diverse migliaia di euro. Senza dimenticare la rivolta popolare di Scansano Jonico, sito indicato a suo tempo dal Governo Berlusconi per ospitare lo stoccaggio del materiale radioattivo.
Una rivolta che potrebbe ripetersi in altri territori visto che giustamente l’energia nucleare continua ad essere considerata pericolosa per la salute e per l’uomo. Leonardo Maugeri, considerato un guru italiano nel settore energetico, e premiato dall’Eni award per la sua ricerca innovativa, in una intervista al quotidiano “Repubblica” riguardo al nucleare ha affermato che questa fonte è “improponibile per l’opposizione che incontra presso l’opinione pubblica, per i costi, l’irrisolta questione delle scorie e anche i tempi: non meno di 15 anni per costruire una centrale”.
E’ anche vero, dall’altra parte, che bisogna far capire a una parte dell’ambientalismo nostrano che giusto o sbagliato che sia, ogni volta che diciamo no a una pala eolica o pensiamo che un pannello solare deturpi un tetto, apriamo di fatto nuovi spazi ai fautori dell’atomo. Infine, ma non meno importante, il pericolo dell’energia nucleare, come accennavo prima, viene anche dall’uso che se ne può fare di questa tecnologia: usi militari o terroristici. Bisognerebbe quindi impedire di divulgare le tecnologie nucleari, non diffondere questa conoscenza che spesso diventa di “gestione” militare. A livello internazionale, purtroppo, stanno aumentando ricerca e produzione di nuovi tipi di bombe atomiche. Altre potenze finanziano l’ammodernamento dei propri arsenali nucleari.
Ed aumentano, di conseguenza, i Paesi che vogliono entrarne in possesso per acquistare peso sulla scena mondiale. In Italia abbiamo 90 testate atomiche, cinquanta sono ad Aviano nella base statunitense e altre 40 a Ghedi in un aeroporto militare italiano.
Non dovrebbero esserci. Nel 1975 l’Italia ha ratificato il Trattato di Non Proliferazione nucleare impegnandosi (art. 2) a non produrre né ad accettare mai sul proprio territorio armi nucleari. Secondo il diritto internazionale, l’Italia le deve rifiutare. Per Alleanza (NATO), invece, le accetta. Non possiamo avere due pesi e due misure. I negoziati internazionali per liberare l’umanità dalla minaccia atomica rimangono impantanati perché chi possiede le armi atomiche vuole solo che nessun altro le abbia. Ma non è disposto a rinunciarvi. E questo invece era l’impegno sottoscritto nel Trattato di Non Proliferazione (art.6): arrivare al disarmo nucleare totale e globale.
E’ questo anche il senso della campagna per una legge d’iniziativa popolare affinché si dichiari l’Italia “Paese Libero da Armi Nucleari”. Potremmo diventare, se la mobilitazione riuscirà vincente, come l’Austria, uno dei 106 Stati del mondo dove le bombe atomiche non hanno diritto di cittadinanza. Saremo la maggioranza, nella buona compagnia di tutti gli Stati dell’America centro-meridionale, dell’Africa, del Pacifico, del sud-est asiatico.
L’impegno contro il nucleare, civile e militare, è infatti lo stesso impegno forte per la nostra generazione e per le generazioni future.
Guarda il Nobel Rubbia che smonta le teorie filonucleari di Casini:
http://www.youtube.com/watch?v=51Mz4KO7Yv4
Perchè no al nuclerare:
http://www.youtube.com/watch?v=TKH1gYU3llk

Ultimo aggiornamento ( Martedì 21 Aprile 2009 12:31 )


