Il prolungamento dell'A27, progetto da bloccare
Uscito su TERRA Nord Est il 14 settembre 2010
Il prolungamento dell’autostrada A27 da Pian di Vedoia a Pieve di Cadore, in provincia di Belluno, potrebbe essere presto una realtà. Il progetto in discussione dal 2007 e che ha trovato diverse resistenze tra le popolazioni cadorine e degli ambientalisti, è tornato in questa estate prepotentemente alla ribalta. Presentato a Longarone il 15 luglio scorso, l’elaborato porta le firme Rock Soil, Technital, Idroesse, Hidrostudio.
coordinamento progettuale è della Territorio srl, studio professionale che fa capo all’architetto Bortolo Mainardi (membro del CDA dell’Anas e della VIA nazionale). La copertura economica è garantita da una proposta di finanza di progetto firmata dalle note imprese Grandi Lavori Fincosit, Adria Infrastrutture e Ing. E. Mantovani. La concessione avrà una durata di 40 anni a decorrere dalla fine dei lavori. L’infrastruttura dovrebbe essere lunga 21 km, per metà in galleria, per il resto su rilevato o viadotto, e si svilupperà lungo la stretta valle del Piave affiancandosi alla statale 51 di Alemagna, alle varianti già aperte e alla linea ferroviaria in esercizio.
Costo dell’opera 1.200 milioni di euro finanziata da privati che puntano sui pedaggi per rientrare con gli investimenti. Lo Stato interverrà con opere complementari.
L’ipotesi infrastrutturale trova la ferma opposizione degli ambientalisti del Comitato Pas Dolomiti - Comitato Interregionale Carnia-Cadore da sempre attivo in difesa del territorio montano e delle sue genti. Opposizione che ha portato diversi cittadini, associazioni e anche amministratori, a riunirsi in assemblee pubbliche, la prima il 25 agosto a Polpet (Ponte delle Alpi, Belluno) poi anche a Fortogna, frazione di Longarone sempre nel bellunese, per confrontarsi sul progetto preliminare presentato dalle citate imprese e per raccogliere osservazioni da presentare entro il 10 settembre al progetto in questione. Il Comitato Pas in una nota ha evidenziato che il progetto presentato non regge sotto l’aspetto ambientale, perché si propone di trasformare la valle del Piave in un corridoio per il traffico internazionale, e perché in aperta contraddizione con il recente riconoscimento Unesco di Dolomiti Patrimonio dell’Umanità. Inoltre non risolve nessuno dei problemi di mobilità e di viabilità sul tappeto e anzi ne crea di nuovi in quanto interrompendosi alle porte di Pieve di Cadore porterebbe al collasso le strade ordinarie in direzione Centro Cadore-Auronzo-Comelico da una parte e Valle del Boite-Cortina dall’altra, rendendone doppiamente invivibili i paesi attraversati. Meglio puntare su una serie di più modeste circonvallazioni a partire da quella di Longarone-Casellavazzo. Il progetto contrasta poi con le direttive europee che prevedono uno progressivo spostamento del traffico merci dalla strada alla rotaia, ed è stato proposto in spregio alla Convenzione delle Alpi che pone il veto ad ogni nuovo attraversamento autostradale delle Alpi. Infine è un’opera che solo sulla carta è “a totale carico dei privati” ma in realtà scarica sul pubblico i rischi di impresa secondo la formula ben collaudata di privatizzare i profitti e di “pubblicizzare” le perdite. Montagne, valli, genti, culture (sbandierate, quando fa comodo un po’ demagogicamente) per i comitati che si oppongono da tempo a questa opera, sono solo un fastidioso, irrilevante ostacolo fisico da superare. Da superare con difficoltà però, visto che la mobilitazione continua e trova consensi.
Ultimo aggiornamento ( Martedì 14 Settembre 2010 20:32 )


