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La salvaguardia dimenticata

Uscito sul settimanale Erba - febbraio 1999 

La discussione sul Mose, fra pochi giorni, approderà in Consiglio Comunale di Venezia dove le forze politiche si dovranno esprimere, con un parere consultivo, sul futuro del Progetto Mose, il sistema di paratoie mobili che sistemato alle tre bocche di porto della laguna fermerebbe, quando azionato, le maree eccezionali. Proprio recentemente, un decreto dei ministri Ronchi e Melandri, facendo proprie le conclusioni della commissione Via del Ministero dell’Ambiente, ha bocciato il Mose per l’elevato impatto ambientale che l’opera idraulica avrebbe sull’ambiente lagunare. La maggioranza di centro sinistra che appoggia Cacciari si presenta divisa sul progetto, da una parte il PPI dell’ex ministro Costa favorevole alla chiusura artificiale delle bocche di porto, dall’altra parte i verdi e rifondazione comunista, contrari alla mega opera ingegneristica, in mezzo i Democratici di sinistra prudentemente contrari ma alla ricerca di una soluzione di compromesso. Ironia della sorte, pure l’opposizione è divisa, la Lega Nord e la Liga Veneta contrarie, An pure, anche se con diverse sfumature, solo Forza Italia è schierata apertamente in favore del progetto idraulico artificiale. Comunque il continuo discutere del Mose, ha messo colpevolmente a tacere altri gravi problemi della salvaguardia della città. Problemi che, per fortuna, non riguardano solo il numero di piccioni presenti in città, ma aspetti che, come il progetto Mose e l’acqua alta, devono essere considerati prioritari per l’ambiente lagunare e la vita sociale dei cittadini. La struttura fisica della città, i suoi palazzi, le sue fondamenta, il suo ambiente lagunare, sono seriamente danneggiati dal “moto ondoso” provocato dai natanti di grossa stazza e dalla forza dei loro motori, che usano la laguna come autostrada per accedere, attraverso le bocche di porto, al mare aperto. Un problema gravissimo che viene accentuato dalle previste costruzioni di darsene e porti turistici lungo la gronda lagunare, progetti che oltre all’elevato impatto sul territorio, aumentano la possibilità di traffico acqueo. Recenti stime prevedono la richiesta, nella Provincia di Venezia, di oltre 20.000 posti barca. L’aumento del traffico acqueo a motore, purtroppo non a remi, diventerà un problema fondamentale per il futuro. E’ proprio di questi giorni il via libera da parte del Ministero dei Beni Culturali alla nuova darsena per grosse imbarcazioni a Portegrandi, vicino a Jesolo, che comporterà un nuovo aumento di traffico acqueo in laguna nord con conseguente danneggiamento del delicato ecosistema lagunare. Il nuovo Piano d’Area del Veneto Orientale, approvato questo mese dalla Regione del Veneto a maggioranza di centro destra, prevede a Bibione una nuova darsena per 750 nuovi posti barca e il potenziamento (da 400 a 800 posti) di quella già esistente. Sempre il Piano d’Area prevede l’opportunità di creare oltre 3000 posti barca a Caorle, secondo un progetto di massima presentato lo scorso anno in Consiglio Comunale da una giunta di centro sinistra. La continua polemica sul Mose quindi, non può far scordare altri problemi ed esigenze della città. L’escavo dei rii, fermo da decenni e invece fondamentale per la normale circolazione delle maree e, dal punto di vista igienico-sanitario, per il continuo ricambio d’acqua nei canali, partito con la prima giunta Cacciari, continua oggi con ottimi risultati. La manutenzione della città, che a Venezia da straordinaria diventa ordinaria, procede solo grazie ai finanziamenti, approvati in sede di finanziaria, dal Governo e, anche per questo motivo, agli inizi di febbraio il sindaco Cacciari ha candidato Venezia per i fondi europei dell’Obiettivo 2 destinati ad “aree degradate” con “forti elementi di crisi socioeconomica”. E’ da notare pure che tra le varie prescrizioni che i Ministri Ronchi e Melandri ritengono “indispensabile attuare e valutare” prima di una qualsiasi chiusura con opere idrauliche delle bocche di porto, una è in cantiere e operativa: il rialzo delle pavimentazioni pubbliche e private fino a quota +120 cm. Il Comune, attraverso la società “Insula” che gestisce il progetto, ha programmato la sopraelevazione fino a +120 cm di quella parte del centro storico (circa un quarto) che oggi finisce sotto acqua con le medio-alte maree. A partire dal 2002, le passarelle di legno dovrebbero scomparire da gran parte dei 5 chilometri che oggi garantiscono la percorribilità in città quando la marea raggiunge il metro sul livello del medio mare. Un risultato importante che dovrebbe procedere parallelamente con il disinquinamento della laguna e la riqualificazione dell’area industriale di Marghera. In realtà, la laguna è ancora inquinata e la bonifica di Porto Marghera non procede. Entro la fine del mese, D’Alema si è impegnato a dare una risposta ai gravi ritardi di applicazione dell’accordo sulla chimica di Porto Marghera, ritardi burocratici che frenano la bonifica dell’area, la dismissione di vecchi e pericolosi impianti, il controllo, con nuove e più aggiornate tecnologie, delle emissioni inquinanti in aria e in acqua. La bonfica di Porto Marghera appare un punto fondamentale per una riqualificazione ambientale dell’area lagunare e per un rilancio occupazionale di tutta la provincia. Nelle discussioni infinite che proseguiranno nei prossimi giorni sul futuro di Venezia e sulle opere necessarie alla sua tutela, c’è la sensazione che la politica e la città non percepiscano la grande possibilità aperta dal recente decreto ministeriale Ronchi-Melandri, che non ha solo sospeso il progetto artificiale di chiusura delle bocche di porto ma ha pure indicato una via per difendere Venezia e il suo ecosistema. Interventi per risanare e riequilibrare dal punto di vista morfologico e idrodinamico la laguna, il rialzo locale delle pavimentazioni, gli interventi sui fondali e sulle sezioni delle bocche di porto, l’apertura al flusso di marea di zone lagunari attualmente precluse, disinquinamento, sono alcune indicazioni di alto profilo scientifico e tecnologico del Ministero dell’Ambiente. C’è però il rischio che tutto finisca in nuovi ”veleni” politici, veleni non meno pericolosi per la città di quelli che quotidianamente ci regala Porto Marghera.

 

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