Il Mar Morto a rischio, un tunnel potrebbe salvarlo
Uscito su TERRA il 23 aprile 2010
Il mar Morto è spesso noto alla cronaca per motivi geopolitici o per il suo passato biblico: Sodoma antica città nominata ripetutamente nella Bibbia, era situata proprio nei pressi del mar Morto. Il Mar Morto, in realtà un lago situato tra Israele e la Giordania, lungo 76 km e largo 16 ha con una superficie di 650 km², è pure un ecosistema da preservare in quanto unico nel suo genere negli aspetti fisici, chimici, biologici e geologici. La più nota caratteristica di questo lago è la salinità della sua acqua.
Essa aumenta con la profondità: scendendo a 40 m, la salinità è di 300 g per ogni chilogrammo di acqua, circa 10 volte quella degli oceani. Verso i 100 m di profondità la salinità aumenta a 332 g per ogni chilogrammo di acqua e, saturandosi, il sale precipita e si accumula sul fondo del mare. L’acqua così salata non consente alcuna forma di vita fatta eccezione per alcuni microorganismi: da qui il nome mar Morto. La scarsità d’acqua, a causa dei cambiamenti climatici che comportano una modifica nel regime delle precipitazioni e a causa della desertificazione con relativa degradazione del suolo, comporta nell’intera area in questione seri problemi di natura ambientale, morfologica, sociale ed economica. Questo particolare ecosistema si trova infatti in grave deficit idrico e la minor quantità d’acqua presente nel bacino del lago crea pericolose voragini, problemi geologici, il restringimento del volume del lago, dissesti localizzati. Al problema ambientale e idrogeologico si aggiunge il problema sociale, non secondario, del necessario approvvigionamento idrico per le popolazioni israeliane, giordane e palestinesi. Inoltre, dal punto di vista economico, le acque del Mar Morto vengono usate per la produzione di cloruro di potassio sia da società israeliane che giordane: vengono anche estratti bromo e magnesio, di cui il mare è ricco. A fronte di queste problematiche complesse e di diversa natura, la Banca Mondiale ha predisposto e finanziato un programma di interventi finalizzato al ripristino ambientale del bacino del Mar Morto, compromesso dalla carenza d’acqua, e a generare acqua dolce – da ottenere tramite un impianto di desalinizzazione – a beneficio delle popolazioni giordane, israeliane e palestinesi. L’ambizioso progetto della Banca Mondiale intende portare acqua dal Golfo di Aqaba/Eilat (Mar Rosso) al Mar Morto attraverso un tunnel sotterraneo che si snoderà per 180 chilometri nel deserto. Il Tunnel attualmente risulta, fra le diverse alternative studiate, l’opzione migliore.
Nella squadra incaricata di studiare i possibili scenari sul preziosissimo e delicato ecosistema del Mar Rosso conseguenti la realizzazione del progetto, sarà una società italiana a svolgere un ruolo di primo piano. La società veneziana Thetis infatti, dopo essersi aggiudicata la gara fra diciotto concorrenti, opererà come team leader nei prossimi diciotto mesi in collaborazione con istituti ed esperti israeliani, giordani ed americani che da anni sono impegnati nello studio del Golfo di Aqaba. La società italiana ha un compito delicato, è incaricata di realizzare uno dei cinque studi necessari alla valutazione di fattibilità del progetto, ovvero l’esame dei potenziali effetti ambientali dell’infrastruttura transnazionale sul Golfo di Aqaba/Eilat. La portata del tunnel che trasferirà acqua nel Mar Morto è infatti ingente, fino a due miliardi di metri cubi l’anno. Serviranno pertanto importanti opere di presa da localizzare nel golfo citato, e tale infrastrutturazione potrebbe avere effetti sulla circolazione delle acque del golfo, sulla qualità delle stesse, sugli ecosistemi corallini presenti e di conseguenza un impatto sul turismo, risorsa economica importanti per le aree costiere del golfo. A Thetis e agli istituti prestigiosi che collaboreranno con questa azienda italiana, il compito di elaborare un importante studio modellistico per capire gli effetti delle opere di presa sull’ecosistema marino del golfo. Un progetto complesso nella tecnologia ma che proprio attraverso la scienza e la condivisione di competenze ed esperienze multidisciplinari, potrebbe creare dei presupposti di collaborazione in aree da sempre politicamente difficili e teatro di gravi tensioni internazionali.


