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Porto Marghera e il suo futuro

Uscito sulla rivista Verde Ambiente nel numero di maggio-giugno 1998

Il 9 marzo 1998, Corrado Clini, Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente Sevizio Inquinamento Atmosferico, Acustico e Industrie a Rischio, ha emanato un preciso documento, il Protocollo 993/SIAR/98, intitolato “Intesa Istituzionale di Programma su Porto Marghera” che ha il fondamentale scopo di “acquisire come dato preliminare una valutazione della criticità ambientale delle attività industriali dell’area e della movimentazione dei prodotti, al fine di definire gli scenari di risanamento e sviluppo coerenti con le direttive europee”.

Per quanto riguarda il Rischi Industriali, l’entrata in vigore delle due nuove direttive europee per la prevenzione dei rischi di incidente rilevante, la 96/61/CEE, e il controllo integrato dell’inquinamento, la 96/61/CEE, affidano al “fattore ambiente” un ruolo importante di regolatore della concorrenza industriale imponendo a tutte le industrie europee le stesse condizioni per l’autorizzazione delle attività. Inoltre le due direttive richiedono un forte impegno delle Autorità Competenti nell’ adottare misure per prevenire i rischi nel territorio coinvolto dalle produzioni pericolose e per la protezione delle zone ambientalmente più vulnerabili. Il documento di Clini ricorda pure che la direttiva 94/63/CEE per la riduzione delle emissioni di composti organici volatili e la direttiva 96/62/CEE per la protezione della qualità dell’aria, individuano impegni precisi da parte delle aziende e da parte delle Autorità Competenti per la riduzione delle emissioni inquinanti e la protezione delle aree urbane particolarmente esposte al rischio di inquinamento atmosferico.
Il tutto fa capire che per Porto Marghera dovranno essere individuate le nuove condizioni di sicurezza industriale e che tutti gli impianti dell’area dovranno essere riautorizzati entro il 2006 sulla base della loro compatibilità ambientale con la laguna di Venezia e il suo entroterra.

Per quanto riguarda i rischi industriali, secondo la classificazione stabilita dal DPR 17.05.1988 n. 175, nell’area di Marghera sono presenti 13 stabilimenti con 54 impianti a rischio di incidente rilevante nei quali sono state trattate e stoccate circa 1.200.000 tonnellate di prodotti pericolosi.
Gli scenari di rischio fanno riferimento a incendi, esplosioni con dispersione di sostanze tossiche. Le aree interessate sono comprese tra un raggio di azione di 1000 metri (rischio di morte) e 8000 metri (ferimenti e danni permanenti) e comprendono zone intensamente frequentate dalla popolazione vedi ad esempio i quartieri di Malcontenta e Marghera oltre ai vari accessi stradali e la stazione ferroviaria di Mestre. Vi sono poi 27 stabilimenti a rischio minore di incidente che hanno presentato una dichiarazione sui rischi alla Regione Veneto che però non ha mai comunicato né il numero degli impianti né la tipologia e le quantità dei prodotti trattati.

I rischi legati alla movimentazione dei prodotti pericolosi, secondo i dati disponibili al 1996, fanno riferimento ai movimenti via nave, 17 milioni di tonnellate di prodotti chimici e petroliferi, derivati o destinati alle attività industriali. Gli scenari incidentali fanno riferimento al rischio di rilascio di prodotti nelle fasi di carico e scarico nei 57 attracchi dei canali industriali di Porto Marghera, con il pericolo di “effetto domino” ovvero di estensione agli impianti vicini di esplosioni o incendi.
Circa 9 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi e chimici sono movimentati via strada utilizzando la ordinaria viabilità quotidianamente congestionata dal flusso dei lavoratori pendolari  e del turismo. Lo scenario incidentale riguarda la perdita di prodotto contaminante, la dispersione di vapori tossici nonché esplosione di autocisterne con prodotti infiammabili. Solo 2,5 milioni di tonnellate di prodotti sono movimentate via ferrocisterna, oltre 33.000 carri ferroviari che, spesso, sono depositati temporaneamente nello scalo ferroviario ordinario di Mestre.

Per quanto riguarda le emissioni inquinanti, Clini rileva che, nonostante le disposizioni di legge, non sono attualmente disponibili dati aggiornati sui flussi di massa relativi alle emissioni in atmosfera ed ai reflui né sono noti i dati relativi ai “fuori servizio” degli impianti che determinano immissioni nell’ambiente di quantità imprecisate di sostanze inquinanti.

Da questa poco tranquillizzante situazione, tutta l’area industriale di Porto Marghera dovrà fare i conti con le misure necessarie a garantire la prevenzione dei rischi industriali e la riduzione delle emissioni inquinanti. Tali misure dovranno essere attuate in un periodo compreso tra il 30.06.1999 e il 30.12.2003. secondo un programma articolato che tiene conto delle priorità ambientali oltre che della fattibilità degli interventi. Le misure sono finalizzate alla riduzione dei fattori di rischio connessi alle produzioni ovvero l’eliminazione e ristrutturazione dei processi e prodotti pericolosi, specialmente i cicli dei poliuretani e del cloro. Si interviene pure per limitare il traffico navale, per ridurre le emissioni con attenzione agli inquinanti provenienti dalle centrali termoelettriche, per realizzare una fascia di rispetto profonda 1000 metri garantendo le distanze di sicurezza tra gli impianti e le vie di comunicazione principali. Fondamentale è ricordare che la realizzazione di queste misure entro il 2003 è la condizione preliminare sia per la continuazione delle attività che per la loro riautorizzazione ai sensi della direttiva 96/61/CEE “IPPC”.

In attuazione della Direttiva 96/82/CEE “Seveso 2” la riduzione dei rischi industriali richiede la realizzazione di due condizioni principali : l’eliminazione o riduzione delle sostanze pericolose dai processi e la delocalizzazione degli impianti e organizzazione delle infrastrutture per minimizzare i rischi di “effetto domino” e garantire la sicurezza del territorio. Il tutto con delle scadenze ben precise. Entro il 31.12.2001 ad esempio bisognerà eliminare l’impiego del fosgene, chiudere il ciclo acetilene,. delocalizzare i depositi di prodotti petroliferi rispetto le vie di comunicazione ferroviarie e stradali Venezia-Mestre. Entro il 31.12.2003 bisognerà ridurre del 30%, rispetto i livelli del 1997, le quantità di cloro prodotto e impiegato, realizzare la fascia di rispetto della profondità minima di 1000 metri tra gli impianti a rischio e la viabilità ordinaria, divieto di accesso alle petroliere e chimichiere prive di doppio scafo e serbatoi inertizzati. Sempre in considerazione delle direttive europee, tutte le imprese dovranno assicurare entro il 31.12.2000 la riduzione delle emissioni dei composti organici volatili nella misura del 30% rispetto il 1990 e recuperare totalmente i vapori di benzine e di altri prodotti petroliferi dai depositi. Entro il 30.12.2003, la riduzione nella misura del 30% rispetto il 1997, delle emissioni pericolose, nonché la riduzione delle emissioni di anidride solforosa e ossidi di azoto pari al 25% rispetto i livelli del 1998, di polveri pari al 40% rispetto sempre il 1998.

Tale descrizione della situazione attuale di Porto Marghera e delle future procedure di riautorizzazione degli impianti, in base ai programmi di prevenzione dei rischi e riduzione delle emissioni, dimostrano che l’area industriale di Porto Marghera non per colpa degli ambientalisti, come accusa strumentalmente una parte del mondo politico e sindacale, ma in base a delle corrette direttive europee, rischia di rimanere senza futuro.

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