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La laguna vissuta

Questo mio breve saggio introduce il catalogo della mostra dedicata alla fotografie di Lorenzo Bullo "Uomini in laguna. Gesti, segni e simboli tra acqua, terra e barena 1958 /1978" ospitata alla Giudecca presso Villa Hèriot dal 2 al 25 giugno 2010.

E’ una laguna che cambia radicalmente quella che si presenta  a Lorenzo Bullo nel momento in cui si appresta a passare da una fase sperimentale e amatoriale a una fase professionista della fotografia.

Una laguna che dal silenzio dei remi passa al rumore dei motori. Fra il 1955, periodo in cui inizia Bullo a partecipare ai primi concorsi fotografici in Italia, al 1964 quando entra nel circolo fotografico “La Gondola” partecipando a numerose iniziative almeno fino al 1970, la laguna “prima del motore”, come ci ricorda Michele Zanetti (La Laguna di Venezia ambiente, naturalità, uomo 2007), in cui le imbarcazioni si muovevano ancora sostanzialmente a remi lascia spazio alla “laguna del motore” in cui le imbarcazioni a vela o a remi subiscono un irreversibile declino. Le conseguenze della motorizzazione delle imbarcazioni lagunari determinano in questi anni degli sconvolgimenti nella geografia, nella morfologia e nel modo di interpretare le distanze e la vita nella laguna di Venezia. Il novecento si presenta poi con l’opera ciclopica dell’insediamento industriale e portuale di Marghera con tutte le conseguenze di natura ambientale e sociale. La laguna di Venezia verrà circondata da discariche di fanghi industriali, spesso di natura tossico nociva, la diossina sedimenterà nei bassi fondali della laguna centrale veneziana. La metà del secolo vede la realizzazione dell’aeroporto internazionale Marco Polo di Venezia sulle barene di Tessera e, a distanza di pochi anni, la realizzazione del Canale Malamocco – Marghera detto “dei petroli” e la modifica della batimetria delle bocche di porto per motivi portuali per portare le grandi navi a Porto Marghera. La realizzazione conseguente delle casse di colmata e ancora l’imbonimento di ettari di laguna rappresentano l’ultimo atto delle grandi trasformazioni della laguna veneta  in epoca moderna. In realtà poi non è così: non meno grave delle precedenti è, ad esempio, l’attività  relativa alla pesca dei molluschi sui fondi lagunari. Le porazzare, che di notte e spesso di giorno raschiano i fondali, cancellando le praterie sommerse che sono fonte di vita lagunare, determinano un incremento della batimetria dei fondali, sollevano e disperdono il sedimento aumentando il fenomeno dell’erosione lagunare.
In questo contesto di trasformazione nel 1947 veniva fondato a Venezia il Circolo “La Gondola”, di cui Bullo entra a far parte nel 1964, che interpreta la pratica fotografica con un atteggiamento che prende un po’ le distanze da quello di documentazione e analisi quasi sociologica portata avanti dal nascente “neorealismo”. L’attività della Gondola risultò determinante non solo per Bullo ma per molti fotografi emergenti che, come Bullo, saranno destinati a dare un fondamentale contributo all’interpretazione fotografica di Venezia e della sua laguna come Fulvio Roiter, Gianni Berengo Gardin, Giuseppe Bruno. Nell’ambito di una copiosa produzione editoriale fotografica di Venezia e della sua laguna, queste personalità, come si è soffermata nella sua ricerca Tania Rossetto (La Laguna di Venezia: idea e immagine, 2009), daranno una immagine particolare e tipica del paesaggio lagunare. Uno su tutti, Fulvio Roiter, codificherà un modo di vedere Venezia e il suo ambiente lagunare, creando una visione mitica della laguna di Venezia, fatta non certo di inceneritori o del petrolchimico, ma di prospettive ricche di colori che cercano il bello, l’eleganza e il sublime (Essere Venezia, 1977 e Laguna di Venezia, 1978). Scatti che rivalutano i luoghi comuni sempre lontano da intenti neorealisti ma che celebrano l’ambiente e le specificità estetiche lagunari.
Gianni Berengo Gardin risulta più inquieto rispetto a Roiter e meno spettacoloso e sentimentale. Berengo Gardin si avvicina di più a una fotografia realista e giornalistica (Venise des saisons, 1965)
grazie anche alle sue esperienze di fotoreporter per il Mondo di Mario Pannunzio. Racconta le diversità, la vita quotidiana, il sociale, l’ambiente che cambia fotografando soprattutto “chi normalmente non viene fotografato”.
Lorenzo Bullo va in questa direzione, i suoi scatti sono il ritratto di un ecosistema vissuto, dove uomo e ambiente coesistono e interagiscono fra loro con grande equilibrio in quello spazio vitale rappresentato dalla Laguna di Venezia. Sono ritratto di una Venezia viva e in parte scomparsa: bambini che giocano fra le barene, operai al lavoro lungo i rii o su pali della luce, uomini che lavorano lungo le storiche difesa amare di Venezia (i murazzi), pescatori che tirano le reti, donne che stendono i panni, anziani che scrutano lungo le rive. Una laguna vissuta poco propensa ad essere immagine da cartolina ed edulcorata, questo è il motivo dominante degli scatti di Bullo. Scatti che esaltano la lentezza dei tempi lagunari nella immagine dell’uomo in barca a remi lungo il canale o del pescatore che sistema le reti  o ancora la visione di bambini che curiosi si addentrano fra i misteri dell’ambiente lagunare. Gente che si “ostina” a vivere e lavorare nella laguna, fra le isole, in un habitat non facile e in continuo cambiamento modellato com’è dalla presenza umana. Bullo esalta il connubio fra uomo e ambiente, fra lavoro e risorse naturali, fra terra e mare e osserva soprattutto l’acqua che accompagna la quotidianità dei veneziani e, d’altronde, non potrebbe esser diverso. Una visione comunque tutt’altro che romantica o contemplativa, dove la laguna è sempre partecipata e vissuta, raccontata  attraverso i segni e i simboli che l’uomo lascia nel territorio, nell’acqua, nella barena.
Bullo quindi ci lascia un patrimonio fotografico straordinario che ci racconta storie, luoghi e memorie di un passato guardato con amore e un po’di nostalgia.

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