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I movimenti di opinione e le proteste contro il moto ondoso a Venezia

Uscito sui Quaderni di Insula n. 12 - Anno IV Agosto 2002 "Il Popolo delle barche"

E’ sbagliato pensare che l’attenzione dell’opinione pubblica nei confronti della problematica del moto ondoso sia recente e legata essenzialmente alle mobilitazioni, alle denuncie, agli studi e alle emanazioni di specifiche normative o ordinanze, avvenute negli ultimi anni. Potremmo dire che ultimamente l’urgenza del problema e le proteste sempre più energiche dei cittadini, dalle “lenzuola” contro il moto ondoso stese lungo i canali alla clamorosa protesta di Pax in Aqua in occasione dell’ultima edizione della regata storica, rende non più rinviabile una soluzione.
Il problema del moto ondoso e la protesta dei cittadini ha radici già nell’ottocento. La “Gazzetta di Venezia” il 20 giugno 1881 pubblicava una lettera nella quale venivano messi in evidenza i lati negativi dell’arrivo del “vaporetto” lungo il Canal Grande: la scomparsa della poesia della gondola, la viabilità pericolosa nel Canal Grande, i danni causati dal moto ondoso provocati dalle eliche sui palazzi lungo lo stesso Canal Grande. Nel dicembre 1882 abbiamo forse la prima protesta documentata contro il moto ondoso. Protagonista una cittadina veneziana di Cannaregio, Santa Siega, che aveva presentato un reclamo al Prefetto “pel danno che ne risentono le fondamenta del detto fabbricato dalle onde che producono i vaporetti che fanno il servizio da Venezia a Mestre. La casa tra breve potrebbe minacciare rovina, come avvenne dichiarato da persona d’arte (…)”. Non ebbe fortuna tale denuncia, i vaporetti continuarono a transitare e la signora Siega si vide pure arrivare un’ingiunzione del comune con l’obbligo di provvedere tempestivamente a restauri radicali della propria casa.
Già verso la metà del XX secolo, precisamente 1949, a Palazzo Madama si discuteva di moto ondoso grazie a una interrogazione a firma del Senatore Lucifero che interrogava il Ministro del Lavori Pubblici per sapere “quali provvedimenti intendeva adottare per ovviare alle gravi conseguenze sul patrimonio edilizio veneziano causate dall’erosione a cui erano sottoposte le case per le onde provocate dai vaporini”. Di fatto quindi il problema “moto ondoso” entrava al quanto velocemente nelle aule del Parlamento Italiano.
Per arrivare più vicino ai giorni nostri, la protesta contro il moto ondoso e il degrado della laguna di Venezia assumeva una forma di massa, ancora non organizzata, con la vogalonga di cui si è approfonditamente parlato nelle pagine precedenti. Con la prima vogalonga del maggio 1975, si assiste a una grande risposta popolare contro il fenomeno del moto ondoso, contro l’inquinamento della laguna, contro l’abbandono delle isole minori. Una risposta originale nel suo genere che univa tradizione, sport, cultura ed esigenza collettiva di riappropriarsi di un bene storico- ambientale che sembrava perdersi gradualmente.
Negli anni ’80 si consolida generalmente un giudizio di insufficienza nell’affrontare e risolvere i problemi del moto ondoso nei canali urbani della città. La risposta dell’amministrazione pubblica a questa diffusa sensazione è la creazione nell’agosto del 1986 di una Commissione tecnica per lo studio del moto ondoso. Accanto a un elevato numero di esperti, tecnici, studiosi e amministratori, della commissione fa parte anche un rappresentante dell’associazione ambientalista Estuario Nostro supportato esternamente dall’associazione Italia Nostra. Entrambe le associazioni, specialmente Italia Nostra storicamente presente a Venezia dai primi anni ‘60, portano notevoli contributi al dibattito all’interno della commissione. Seppur evidente era la carica “contestativa” di alcune posizioni delle due associazioni, la protesta contro il moto ondoso grazie a Italia Nostra e a Estuario Nostro si “organizzava”, assumeva maggior peso e faceva intravedere degli elementi anticipatori che caratterizzeranno la vera e propria protesta contro il moto ondoso negli anni ’90: l’attenzione per la dimensione anche extra-urbana del problema, il collegamento tra protezione ambientale della laguna e tutela dei beni culturali, una presenza sul territorio capillare, una forte pressione sugli organi di stampa e sul mondo politico, l’uso anche dello strumento giudiziario per affrontare la problematica.
Negli anni ’90 la protesta diventa più energica e coinvolge vari strati della popolazione veneziana. Possiamo distinguere essenzialmente tre tipi di mobilitazione: quella più spontanea e polare rappresentata dai vari comitati che sorgono specialmente lungo i rii più trafficati, quella più organizzata rappresentata dalle associazioni ambientaliste, quella di carattere di “massa” rappresentata dall’associazione Pax in Aqua.
Nel primo caso, si trattava di comitati di semplici cittadini che abitavano lungo le vie d’acqua più trafficate e quindi più soggette al fenomeno del moto ondoso. Nasceva il “Comitato di rio de Noale”, “il Comitato Rio Madonna dell’Orto”, “il Comitato del Canal de Cannaregio”, fino ai più recenti divenuti famosi per le lenzuola bianche appese all’esterno dei palazzi in segno di protesta, come il “Comitato di rio dei S.S. Apostoli”. In questi casi i Consigli di Quartiere diventavano i referenti privilegiati della protesta. Nel 1995 alcune azioni congiunte dei quartieri del centro storico accompagnate da petizioni dei cittadini portavano alla formulazione di ordini del giorno che chiedevano in alcuni casi anche il divieto di transito in particolari canali per taxi, Granturismo e sandoli a motore.
Nel secondo caso, le citate associazioni ambientaliste Italia Nostra ed Estuario Nostro, quest’ultima in declino negli ultimi anni, venivano affiancate anche dal WWF e dal VAS in una vasta opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica intorno al problema. Rispetto i decenni precedenti il “moto ondoso” si affermava come problema prioritario nella maggioranza delle organizzazioni ecologiste veneziane in precedenza più sensibili a problematiche legate all’inquinamento o alle problematiche inerenti alla chiusura mobile delle bocche di porto per contrastare le alte maree eccezionali. Insomma in questo periodo l’asse centrale dell’impegno organizzato per la difesa dell’ambiente si sposta leggermente nella direzione della lotta a un nuovo inquinamento, quello idrodinamico. Un pericolo molto diretto e immediato che colpiva e danneggiava anche irrimediabilmente alcuni equilibri fisici su cui per millenni si era retta la stessa vita della città lagunare. Questa nuova preoccupazione recava anche una impronta essenzialmente scientifica infatti nasceva da denuncie di esperti, ingegneri, tecnici, che ammonivano dati alla mano, su precise analisi statistiche e quantitative, sull’insostenibilità di questo tipo di traffico acqueo non solo all’interno della città urbana ma in tutta la laguna veneziana.
Il terzo caso è rappresentato dall’associazione “Pax in Aqua – Coordinamento per la lotta al moto ondoso” sorta nel 1995 e che raggruppava le principali società remiere e di canottaggio formate a sua volta da migliaia di iscritti. Era questo un momento molto importante in quanto, per la prima volta, numerose associazioni a carattere culturale e sportivo si univano formalmente per risolvere un grave problema della città. Lo statuto dichiarava che l’associazione, apolitica e senza scopo di lucro, promuoveva tutte le iniziative atte a combattere il problema del moto ondoso e in genere le conseguenze negative del traffico acqueo motorizzato sia nei rii interni della città che nell’ambito lagunare. Con Pax in Aqua possiamo dire che l’associazionismo della società civile inizia dopo tanti anni in città ad assumere un carattere di massa. Alcune importanti iniziative come la manifestazione acquea del 16 ottobre 1999, la mobilitazione dell’associazione in occasione dell’ultima regata storica, le pressioni sul mondo politico, le prese di posizioni spesso determinanti e poco inclini al compromesso, come nel caso dell’abbandono del tavolo unico sul moto ondoso costruito dal Vicesindaco Mognato, danno proprio l’immagine di una realtà associativa estranea a questa o quella opzione ideologica, a questo o quel riferimento politico, che riesce ugualmente a divenire qualcosa di più di un gruppo d’opinione o di un movimento di protesta e quindi capace di raccogliere una larga e duratura adesione. Pax in Aqua appare pertanto determinante attualmente per salvaguardare interessi diffusi e collettivi come quelli legati alla lotta contro il moto ondoso, indipendentemente dalle appartenenze partitiche.
La “lotta al moto ondoso” grazie alla mobilitazione dell’associazionismo civile che, molto spesso, ha trovato dei sensibili alleati nella stampa locale, è divenuto oggi patrimonio lessicale del mondo politico ed istituzionale sia a livello locale e sia a livello nazionale. Una maggiore capacità, dimostrata nell’ultimo periodo, dell’associazionismo veneziano di elaborare delle posizioni sostenute anche da studi e analisi tecniche, ha portato le stesse associazioni ad avere una capacità di agire nell’affrontare il problema e non solo di reagire di fronte all’ennesima emergenza.
Importante sarà ora vedere se le stesse riusciranno nel passaggio, altrettanto determinante, di capire che la lotta al moto ondoso deve pure fare i conti con una città dove il settore turistico prevale sempre di più rispetto agli altri settori produttivi e che quindi se la stessa non viene condotta con la consapevolezza che deve incidere anche su scelte di tipo urbanistico e di tipo economico, appare una lotta difficile. Nessuna proposta di regolamentazione del traffico acqueo e nessuna protesta dell’associazionismo organizzato sarà vincente se prima lo stesso non avrà chiaro definitivamente quale sviluppo economico e strutturale intende appoggiare in questa città.

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