Venezia e la solidarietà in Etiopia
Intervento uscito su TERRA NORDEST il 24 maggio 2011
Mentre in Italia siamo costretti a indire un referendum e poi difenderlo a denti stretti per proteggere dalla privatizzazione un bene comune e abbondante da noi come l’acqua, a Venezia continua con successo l’azione della Fondazione veneziana “Elena Trevisanato Onlus” che da tempo lavora nel difficile territorio etiope per portare acqua pulita e progetti educativi a quelle poverissime comunità locali. Un anno fa scrivemmo dell’impegno di questa Fondazione per creare un pozzo profondo a Boadley , nella poverissima Somali Region, e della creazione di alcune scuole. In questi giorni Paolo Trevisanato con altri membri della Fondazione è nuovamente rientrato da un viaggio in questi territori e gli abbiamo chiesto come procedono le attività.
1. Rispetto al vostro precedente viaggio, come avete trovato la situazione in generale, funziona il pozzo che avete scavato a Boadley ?
Siamo tornati in Etiopia, a distanza di due anni dal nostro precedente viaggio, per verificare lo stato degli interventi realizzati dalla Fondazione e per monitorare l’avanzamento dei nuovi progetti. Il pozzo di Boadley che è stato inaugurato due anni fa, è un pozzo profondo che intercetta una ricca falda acquifera a circa 150 metri. Il sopralluogo al pozzo è stato senza dubbio il momento di maggiore soddisfazione del viaggio. Non solo lo abbiamo trovato in ottime condizioni e perfettamente funzionante, ma la comunità si era anche attivata autonomamente per avviare un piccolo progetto agricolo. Con fierezza ci sono state mostrate cipolle e grosse zucchine. Il prossimo passo è quello di sostenere la popolazione nel proprio percorso verso l’agricoltura attraverso la costruzione di un sistema di irrigazione e l’allacciamento alla rete elettrica per abbassare i costi di gestione del pozzo.
2. Quali progetti intendete ancora sviluppare nel territorio? L’acqua rimane la principale emergenza di questa vasta zona del paese etiope?
Purtroppo l’acqua resta il principale problema di sopravvivenza della gente; la maggiore causa di morte in queste zone oltre la malnutrizione sono infatti le malattie trasmesse attraverso l’acqua contaminata. Inoltre l’approvvigionamento idrico è a carico di donne e bambini che ogni giorno sono costretti a percorrere decine di chilometri. La situazione quest’anno pare particolarmente disastrosa a causa di una stagione delle piogge molto scarsa. Vi sono continui appelli da parte del Governo Regionale, delle Nazioni Unite e del Governo Federale, per coprire urgentemente alcune aree dove la siccità è particolarmente pressante. I nostri progetti restano quindi legati soprattutto allo scavo di pozzi, tre dei quali, scavati a mano alla profondità di circa 25 metri sono già in costruzione, mentre riuscire a finanziare un altro pozzo profondo è l’obiettivo che ci siamo posti per il 2011.
3. Avete costruito anche delle scuole, come risponde la comunità locale?
Finora abbiamo costruito tre scuole in zone dove non c’era alcuna possibilità per i bambini di avere un’istruzione. Le lezioni sono sempre molto affollate al punto che si è arrivati alla turnazione per consentire a tutti di poter fare lezione. Una delle tre comunità beneficiarie dell’intervento è costretta a fare lezione anche all’aperto, motivo per cui durante la nostra ultima visita ci è stato chiesto di aggiungere due ulteriori aule alla struttura esistente.
4. Avete infine attivato anche dei progetti locali nel veneziano a sostegno dei ragazzi sinti che frequentano le scuole dell’obbligo, con quali risultati ?
Il progetto “Il Mondo è Qui” è continuato quest’anno con il progetto “Sinti-amoci a Scuola” che prevede il sostegno ai ragazzi Sinti direttamente a scuola durante le lezioni ed attività extra scolastiche pomeridiane. Attraverso queste forme di sostegno si vuole non solo favorire il processo di apprendimento linguistico ma anche coinvolgere i bambini in attività che ne favoriscano l’integrazione sociale. Il progetto incontra delle prevedibili resistenze, anche all’interno della stessa comunità Sinta, la cui cultura è molto lontana dal nostro concetto di istruzione e che teme di perdere le radici della propria identità.


