Ho letto il mio secondo libro di Jon Krakauer “Il silenzio del vento” (Corbaccio, 1999) dedicato alle montagne e alle incredibili storie che nascondono, storie di alpinisti, di vite trascorse al limite e, forse, oltre.

E’ un libro che si legge volentieri, meno avvincente di “Aria sottile”, ma comunque interessante e che fa riflettere: “da quando gli uomini hanno incominciato a scalare l’Himalaya, gli scalatori morti lassù rappresentano una percentuale significativa, scrive Krakauer, ma la carneficina sul K2 nel 1986 è stata qualcosa di peggiore… fino al 1985 una persona su trenta che hanno affrontato una vetta di 8000 metri non è tornata viva; sul K2, la scorsa estate, quella cifra è salita all’allarmante percentuale di una su cinque”. Scrive ancora l’autore sul libro “…avevo concluso che l’alpinismo fosse una questione di vita o di morte, sempre” ma pure “la scalata del Devils Thumb, tuttavia, mi aveva allontanato un po’ dall’ostinata innocenza della fanciullezza. Mi aveva insegnato qualcosa su ciò che le montagne possono e non possono fare, sui limiti dei sogni. Naturalmente, allora, non me ne resi conto, ma ora ne conservo un senso di gratitudine”. Leggere questo libro, per capire il perché di sfidare vette altissime, nel silenzio del vento. 

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Ultimo aggiornamento ( Mercoledì 12 Giugno 2013 20:22 )