Home Articoli responsabili 2000 Cambiamenti climatici nel mediterraneo e acque alte a Venezia

Cambiamenti climatici nel mediterraneo e acque alte a Venezia

Uscito sulla rivista Verde Ambiente numero marzo-aprile 2000

In autunno, in Olanda, si farà il punto sulle variazioni climatiche in atto nel nostro pianeta, sulle conseguenze che il fenomeno potrà comportare e i rimedi da adottare. Nel frattempo un gruppo di studiosi, su iniziativa della Fondazione Mattei di Venezia, ha cercato di anticipare le conseguenze che il cambiamento climatico avrà nel bacino del Mediterraneo. Il quadro è sicuramente pessimistico, in quanto in questo secolo le temperature sembrano destinate ad alzarsi mediamente di 4 gradi, la temperatura superficiale del mare di 2-3 gradi, con conseguente aumento di fenomeni meteorologici estremi quali tempeste marine, inondazioni costiere e piogge intense quasi “tropicali”. Dalle dichiarazioni degli studiosi apparse in un articolo sul quotidiano il sole 24 ore a firma di Claudio Pasqualetto, la situazione potrebbe divenire veramente pericolosa. Per Bettina Menne, dell’ufficio di Roma dell’Organizzazione mondiale della sanità, aumenteranno le patologie trasmesse da animali e da cibi e acqua sia per il maggior inquinamento che per la il rialzo delle temperature. Cresceranno quindi i casi, ad esempio, di asma, di allergie e di malattie cardio-respiratorie. Per Dimitri Georgas, consulente del programma ambientale dell’Onu, per quanto riguarda l’economia, i settori sicuramente più a rischio risulterebbero essere soprattutto turismo e agricoltura. Per Marco Bindi, dell’Università di Firenze, le strategie agronomiche dovranno includere, a breve, l’utilizzo di varietà agricole resistenti a temperature maggiori, cambiamenti nelle pratiche agricole e uso maggiore di pesticidi e fertilizzanti oltre che all’uso di nuovi sistemi irrigui. Il turismo subirà, secondo Allen Perry, dell’Università di Walles, un duro colpo in conseguenza alle inondazioni delle zone costiere, all’erosione delle spiagge e alla desertificazione degli ambienti oggi turisticamente rilevanti. Infine, per Houda Ben Jannet -Allal, dell ‘Ome, di fronte all’aumento della popolazione e dello sviluppo tecnologico e industriale, sarà necessario indicare, come vie obbligate, lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, un miglioramento dell’efficienza dei sistemi, l’incremento del ricorso al gas naturale disponibile nel territorio.
In questo scenario descritto, l’Alto Adriatico, assieme al delta del Rodano e del Nilo e ad altri tratti costieri, è ritenuto una delle aree più a rischio per l’impatto del cambiamento climatico. Secondo uno studio svolto da Pietro Teatini e Giuseppe Gambolati, dell’Università di Padova, che ha preso in esame la costa fra Cattolica e Monfalcone, si prevederebbe un aumento del livello dell’Adriatico pari a circa 20 centimetri entro il 2050 e 50 centimetri entro il 2100.
In realtà, la comunità scientifica mondiale è oggi divisa nel quantificare le ripercussioni dell’effetto serra e dei relativi cambiamenti climatici sul livello del mare, mancando dati precisi sull’evoluzione del clima. Per alcuni scienziati, come il Morner, è fondamentale nelle stime future tenere conto della “storia regionale”, che negli ultimi 150 anni l’aumento del livello medio mare valutato globalmente non è mai stato superiore a 1,1 mm/anno e che questo tasso - circa 10 cm per 100 anni - è da ritenersi una buona approssimazione di previsione futura, aderente alla realtà, perché in tale periodo un possibile riscaldamento globale non potrà influire a modificare questo valore in modo significativo. Morer ritiene quindi che per il prossimo secolo il livello del mare su scala globale potrebbe aumentare di 10 cm, massimo 20 cm. Al contrario, Alley e altri, criticano queste posizioni e ribadiscono la complessità del sistema climatico e le sue possibilità di rapide risposte collegate alle emissioni di CO2. Il sistema infatti, pur avendo una propria capacità di ridurre gli effetti della crescita dei gas serra, dà luogo a variazioni interne che potrebbero ingenerare grandi instabilità.
Nonostante quindi i notevoli progressi raggiunti dai modelli previsionali “globali”, i risultati che essi possono fornire sono ancora incerti, tanto più se diretti ad un utilizzo a scala locale, come ad esempio nelle importanti e polemiche scelte riguardo le opere di salvaguardia di Venezia.
Non a caso quindi si sono concentrati alcuni studi a Venezia, città che per ovvi motivi, risentirebbe in modo più drammatico di questi cambiamenti climatici e del relativo innalzamento del livello marino.
Il Co.Ri.La., Consorzio per la Gestione del Centro di Coordinamento delle Attività di Ricerca inerenti il Sistema Lagunare di Venezia, presieduto dall’Ingegner Pierpaolo Campostrini, ha pubblicato recentemente uno studio dal titolo “Scenari di crescita del livello del mare per la Laguna di Venezia”. Lo studio, partendo dalla consapevolezza che le previsioni sui cambiamenti climatici futuri influenzati dalle attività antropiche, e sulla crescita del livello del mare, sono caratterizzate da un elevato grado di incertezza, ha delineato “possibili scenari” in grado di fornire una previsione univoca.
Alcune considerazioni, legate alla storia regionale, contribuiscono, secondo lo studio, a considerare come “più probabile (SPP)” uno scenario che porta nel 2100 ad un incremento di circa 17 cm sul livello medio del mare del 1990. Un secondo “scenario probabile cautelativo (SPC)”, indica l’incremento pari a 22 cm e, infine, lo “scenario pessimistico (Spe)”, porta ad una quota di circa 31 cm. Gli eventi di “acqua alta” significativi (superiori a 100 cm sul livello del medio mare) sono secondo gli scenari “più probabile” e “probabile cautelativo” rispettivamente 37 e 58 all’anno. In caso di “scenario pessimistico”, salgono a 128.
In conclusione, lo studio del Co.Ri.La. propone nella pianificazione degli interventi per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna, di adottare la crescita del livello relativo del mare dello scenario probabile cautelativo, SPC, che è basata sui dati storici, scientificamente interpretati, e che ha pertanto ragguardevole possibilità di verificarsi ancora nel prossimo secolo. Questo scenario, considera un incremento eustatico del l.m.m. pari a 1,5 - 1,7 mm/anno rispetto agli 1,2 mm/anno oggi osservati nel Mediterraneo ed è quindi cautelativo pur senza includere esplicitamente gli effetti di eventuali cambiamenti climatici indotti dalla crescita della emissione dei gas-serra, in quanto non forniscono previsioni univoche e attendibili sulla crescita del livello del mare. Poiché la crescita del livello del mare che potrebbe prodursi per effetto dell’aumento dei gas-serra sarà non lineare con una intensificazione dalla metà del prossimo secolo, solo allora vi sarà la possibilità di confermare o smentire lo scenario SPC qui proposto che pertanto, almeno sino ad allora manterrà, per lo studio, tutta la sua validità.
Sui problemi delle “acque alte” sono intervenuti pure gli studiosi Paolo Antonio Pirazzoli e Alberto Tomasin, che hanno anche loro recentemente pubblicato lo studio “L’evoluzione recente delle cause meteorologiche dell’acqua alta”. Secondo Pirazzoli e Tomasin, usando i dati mareografici del periodo 1872-1998, si ottiene che la perdita totale di altimetria a Venezia è stata di 24 cm dal 1881 al 1989, di cui circa 10 cm possono essere attribuiti alla subsidenza antropica e 14 cm (a Venezia ed a Trieste) all’eustatismo ed alla tettonica regionale. Si può anche osservare che nel corso dell’ultimo trentennio il livello medio marino è rimasto pressoché stabile, sia a Venezia che a Trieste. Ciò contrasta sia con la leggera crescita nei decenni anteriori, che con l’attuale tendenza eustatica a scala planetaria. Secondo i due studiosi, si può così notare che, tra il 1881 ed il 1989, le massime altezze di marea sono aumentate di circa 35 cm, ossia di 11 cm di più del livello medio marino. Questa differenza però, viene interpretata da entrambi gli studiosi, come dovuta dalla maggior facilità con la quale i più alti livelli dell’Adriatico (dovuti generalmente a perturbazioni meteorologiche) hanno potuto penetrare e propagarsi in laguna, in seguito ad approfondimenti operati alle bocche di porto e nei principali canali di navigazione lagunare. Esistono quindi chiare relazioni tra i periodi di maggiori approfondimenti e di importanti lavori in laguna e l’aggravarsi del fenomeno dell’acqua alta a Venezia. La spiegazione che danno quindi Pirazzoli e Tomasin dell’incremento dell’alta marea a Venezia è quindi decisamente più locale e antropico. Citano, in proposito, il modello matematico della laguna del ricercatore del CNR di Venezia Umgiesser (1998) che ha confermato il ruolo decisivo della morfologia delle bocche di porto per la penetrazione dell’acqua alta in laguna. Si può stimare che le modifiche morfologiche subite dalla laguna di Venezia posteriormente al 1872 hanno causato a Venezia un innalzamento dei livelli dell’acqua alta (circa 11 cm) che è stato dello stesso ordine di grandezza di quello provocato dalla subsidenza (10 cm) o dall’eustatismo e dalla tettonica regionali (14 cm).
Pirazzoli e Tomasin hanno pure osservato che se in mare aperto l’entità e la frequenza dei rialzi dipendono essenzialmente dalle condizioni meteorologiche ed idrologiche, all’interno di una laguna dipendono anche dall’importanza degli attriti, soprattutto alle bocche di porto, che rallentano la propagazione della marea e contribuiscono a smorzare l’altezza. Gli elementi meteorologici che provocano rialzi del mare sottocosta sono essenzialmente la pressione atmosferica ed il vento. Dalla fine degli anni ‘60 la pressione media sull’Alto Adriatico è aumentata di circa 2hPa, il che, per effetto “statico”, ha abbassato il livello medio marino di circa 2 cm, mascherando un innalzamento eustatico dello stesso ordine di grandezza. Secondo alcuni modelli esaminati, il vento di bora può comportare rialzi di una dozzina di centimetri davanti alla laguna di Venezia, il vento di scirocco un rialzo fino a una trentina di centimetri lungo il litorale veneto.
In conclusione, queste variazioni, specialmente l’aumento dello scirocco sull’Adriatico centrale e la crescita generalizzata della pressione atmosferica, sembrano risultare da un significativo cambiamento climatico in corso e, su questo punto, gli studi del Co.Ri.La. e di Pirazzoli-Tomasin sostanzialmente coincidono ma, a differenza del lavoro del Co.Ri.La., Pirazzoli-Tomasin deducono che gli effetti della maggior frequenza dello scirocco e conseguente rialzo marino, potrebbero essere notevolmente attenuati all’interno della laguna se venissero aumentati gli attriti alla penetrazione della marea nelle bocche di porto.

Ultimo aggiornamento ( Venerdì 03 Aprile 2009 16:15 )

Sto leggendo
Banner
Notizie flash

 -