Intervento uscito su TERRA NORDEST il 3 maggio 2011
Liberarci da progetti impattanti per l’ambiente calati dall’alto. Liberarci da idee che sono lontane dal perseguimento dei beni comuni e sono figlie ancora di una economia vecchia e sbagliata. Liberarci da progetti non condivisi con le popolazioni locali, con le comunità che vivono e conoscono il territorio. Anche questi erano i messaggi che si leggevano fra le righe delle 250 osservazioni dei comitati e delle associazioni ambientaliste sul progetto Tav Venezia-Trieste, presentato da Italferr per conto di RFI lo scorso dicembre e sulla quale è in corso la procedura VIA .
Il corposo documento è stato presentato in una conferenza stampa a Trieste dove il Wwf friulano ha affermato in merito alla Tav che si tratta di “un progetto irricevibile presentato in ben quattro rate e non coordinato nelle varie parti, molto superficiale nella stima degli impatti (specie per l’attraversamento del Carso e alle interferenze con siti e zone di protezione comunitari) e privo di parti essenziali come il calcolo costi-benefici. Un progetto che andrebbe rifatto completamente e che serve, in definitiva, solo a chi vuol costruire strade, superstrade e autostrade a tutto spiano”.
“Prima l‘assurdo “spezzatino” – ha rilevato Dario Predonzan, responsabile energia e trasporti del Wwf Friuli Venezia Giulia – con RFI che ha suddiviso la Venezia –Trieste in quattro progetti distinti e formalmente indipendenti tra loro: un’operazione in palese contrasto con quanto raccomanda l’Unione Europea e all’unico scopo di ostacolare la valutazione completa degli impatti ambientali dell’opera”.
RFI ha inoltre “dimenticato” di produrre l’analisi costi-benefici. Così non si sa né quanto costerebbe la Venezia-Trieste, né come coprire i costi (stimabili in almeno 7 miliardi di Euro).
Il Wwf e le altre realtà ambientaliste, dopo aver chiesto ai Ministeri competenti e alle Regioni coinvolte di riportare la VIA sulla Venezia-Trieste entro un quadro di correttezza tecnico-normativa e coerenza, ha tuttavia esaminato le migliaia di pagine degli studi e dei progetti presentati da RFI e ha presentato in due riprese le proprie osservazioni, per un totale di circa 250 pagine, che contengono ben 57 richieste di integrazione degli studi di RFI, sotto il profilo metodologico, procedurale e tecnico-scientifico.
Manca completamente, ad esempio, un elemento fondamentale di ogni VIA, cioè la valutazione delle alternative rispetto alla proposta progettuale presentata: addirittura, si spaccia come “alternativa” per la tratta Ronchi dei Legionari-Trieste, il vecchio progetto del 2003, ritirato nel 2005 dopo la sonora bocciatura da parte del Ministro per i beni culturali e della Commissione VIA del Ministero dell’ambiente.
Ancora, manca del tutto un serio quadro programmatico che dimostri la necessità di un’opera tanto imponente e la sua effettiva capacità di trasferire traffico merci e passeggeri dalla gomma alla rotaia.
Le associazioni ambientaliste hanno sottolineato ancora una volta che limitati interventi di ammodernamento della rete esistente e l’eliminazione di alcuni “colli di bottiglia”, permetterebbero di aumentare in misura spettacolare (fino a 5 volte) la capacità della rete ferroviaria esistente (che già così com’è potrebbe portare molti più treni di quanti oggi la utilizzano), senza alcun bisogno di costruire linee completamente nuove.
Il progetto infine per gli aspetti ambientali e naturalistici appare lontanissimo da qualsiasi parametro di sviluppo sostenibile e in contrasto con le Direttive europee sulla VIA e la conservazione della biodiversità. Riusciremo a liberarcene ?