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Un litorale di darsene e porti ?

Uscito sulla rivista Verde Ambiente numero novembre - dicembre 1998 

Su proposta del Ministro dei Trasporti e della Navigazione Claudio Burlando, il primo Governo Prodi ha recentemente varato un regolamento per la semplificazione delle procedure amministrative finalizzate alla realizzazione di porti turistici.
Tale provvedimento può sicuramente preoccupare in quanto la portualità turistica ha spesso rappresentato il veicolo per speculazioni e relativi danni reali all’ambiente, al paesaggio e al territorio, causando squilibri ambientali della fascia costiera, porzione del territorio molto sensibile.
Oggi esistono quindi delle procedure che rendono meno complicata la costruzione di porti turistici, procedure che trovano fondamento giuridico in quella parte della legge Bassanini dedicata alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, ma che possono creare presupposti per nuove speculazioni sul territorio. Secondo Massimo Provinciali, che recentemente proprio sulle pagine di Verde Ambiente, si è occupato di questo problema, “in Italia vi è un parco nautico di circa ottocentomila unità di diporto. Il novanta per cento di questo parco nautico è costituito da imbarcazioni al di sotto dei dodici metri, molte delle quali a propulsione velica. (...) Le esigenze di questa consistente fetta di utenza non possono essere ignorate, proprio perché non tutti sono in grado di permettersi ormeggi o rimessaggi in altre parti del Mediterraneo e quando la conta dei posti barca attualmente disponibili si ferma al numero di settantasettemila, è chiaro che qualche cosa bisogna fare.”
Sono sicuramente condivisibili le affermazioni di Provinciali anche se risulta fondamentale capire “come si vuole fare e dove si vuole fare”, tenendo conto che una struttura sulla fascia costiera è comunque una aggressione al territorio e all’ecosistema circostante.
Alcuni elementi decisivi per la scelta dei luoghi dove costruire darsene o porti turistici, devono venire da una attenta analisi degli strumenti programmatori urbanistici e territoriali, dei piani d’Area e piani paesaggistici.
Tutto questo non succede nel litorale veneziano, uno fra più delicati e ricchi di valenze storiche e naturalistiche in Italia.
In questo periodo si assiste a tutta una serie di progettazioni di darsene e porticcioli lungo la gronda lagunare che non tengono conto delle varie discipline urbanistiche, dei vincoli paesaggistici della legge Galasso, di una attenta programmazione territoriale che vada incontro sia alle esigenze dei diportisti sia a quelle dell’ambiente e del delicato equilibrio morfologico e idrodinamico della Laguna di Venezia.
Infatti nella Laguna di Venezia e a Venezia, bisogna tenere conto non solo di una possibile aggressione portata alla costa, ma pure del moto ondoso causato dai natanti che, abituati a correre ad elevate velocità grazie alla cilindrata dei motori e alla totale mancanza di controlli da parte delle autorità pubbliche, recano danni gravissimi alla morfologia lagunare e alle strutture fisiche della Città Storica di Venezia dove l’azione del moto ondoso erode fondamenta. case, palazzi, chiese.
A Portegrandi, sulla gronda lagunare in direzione di Jesolo, è prevista la costruzione di una darsena per grosse imbarcazioni con relative strutture di supporto e 90 insediamenti residenziali.
La morfologia del Canale Silone, la vecchia strada di collegamento tra la Laguna nord (Torcello e Burano) con il Sile e la Marca Trevigiana, a causa del continuo e incontrollato passaggio di grandi natanti, che usando come rimessaggio i cantieri aperti lungo il Sile e Portegrandi, transitano lungo il canale e quindi in laguna per arrivare, attraverso la bocca di porto, in mare aperto, è, di conseguenza, seriamente danneggiata. Ecco quindi che, accanto all’impatto ambientale delle costruzioni di darsene e porti, esistono anche gravi conseguenze idrodinamiche che, a Venezia e nella sua Laguna, si chiamano “moto ondoso”. Le imbarcazioni quindi usano lo specchio lagunare come “autostrada di collegamento” per il mare aperto e le conseguenze ambientali sono gravissime.
Il Piano di Area della Laguna e Area Veneziana (PALAV) della Regione del Veneto, norma gli interventi volti alla conservazione e tutela, alla rivitalizzazione e valorizzazione dell’ambiente lagunare, vietando movimenti di terra e scavi, indicando modalità per intervenire sul territorio. Non solo, all’articolo 54 delle Norme tecniche di attuazione, il PALAV considera “l’intera Laguna di Venezia compresa all’interno della conterminazione lagunare (...) ad alta suscettibilità ambientale e ad alto rischio ecologico”. Pure il Progetto Preliminare del Piano Territoriale Provinciale (PTP) non prevede il proliferare di darsene ma anzi una più attenta programmazione territoriale e una più attenta valorizzazione del territorio. Il recente Regolamento Provinciale per il Coordinamento della Navigazione locale nella Laguna Veneta, approvato dalla Provincia di Venezia in base alle deleghe ricevute in questo campo dalla Legge Bassanini, tenta complessivamente di contrastare la presenza nella Laguna dei natanti di grande stazza e di regolamentare la velocità degli stessi, oltre la potenza dei loro motori.
Malgrado questi strumenti urbanistici, pure in Valle Ossi a Eraclea si prevede di costruire per un 1.200.000 mc. pari all’insediamento di circa 10 mila persone. Alle foci del Tagliamento vicino a Bibione, dove costruzioni lungo le rive hanno aumentato il rischio idraulico nella zona, si ipotizza la costruzione di una nuova darsena. Il Comune di Campagna Lupia pensa a un progetto di darsena vicino alla zona naturalistica di Valle Figheri in laguna sud e, sempre in laguna sud, il Comune di Mira pensa bene di creare un porticciolo capace di ospitare fino a 700 imbarcazioni e comprendente una vasta area per la messa in secco delle barche fino a 2000 posti. Lo stesso Comune di Mira prevede anche una struttura ricettiva capace di ospitare 2000 persone. Per concludere, sempre nel Comune di Mira, il bordo del Canale che costeggia l’argine nord del dosso delle Giare, è stato ricostruito e cementificato dal Magistrato alle Acque di Venezia, lungo i circa tre chilometri di sviluppo, in modo non consono alla naturalità dell’ambiente ed è presente, per circa un chilometro, una fila ininterrotta di cavane fisse in legno per permettere il parcheggio di imbarcazioni.
E’ evidente che, oltre a far rispettare la pianificazione vigente, serve una regolamentazione nella costruzione di tali strutture e, specialmente, capire se esiste una obiettiva esigenza pubblica ed economica espressa dalla collettività.

Non possiamo dimenticare nemmeno l’inquinamento della laguna causato anche dal numero delle imbarcazioni che circolano nello specchio lagunare. In aiuto ci viene una ricerca di Giuliana da Villa, biologa, che in un suo prossimo articolo per la nota rivista scientifica inglese Feb, evidenzia la pericolosa presenza in alcune zone della Laguna di Venezia di composti organostannici. I composti organostannici per la loro relativa stabilità nei confronti dei reattivi chimici, del calore, dei raggi UV, sono largamente impiegati in numerosi settori dell’industria. I derivati di-organostannici, generalmente rappresentati da sali di dibutilstagno, vengono utilizzati come stabilizzatori del PVC (e nel caso della Laguna di Venezia siamo in presenza di un’azienda come l’Enichem che produce 160.000 tonnellate annue di PVC). I derivati trialchilici hanno invece un largo impiego come biocidi e svolgono un ruolo fondamentale di agenti attivi nelle vernici antifouling. Le imbarcazioni quindi sono verniciate con sostanze che presentano il TBTO che serve come antivegetativo e che si disperde lentamente a contatto con l’acqua. La percentuale di questo composto aumenta in quelle zone della laguna dove sono presenti maggiormente le darsene e le zone di rimessaggio oppure in alcuni canali, come il Canale dei Petroli, il Canale Vittorio Emanuele, il Canale di Fusina, maggiormente trafficati. L’impatto ambientale è elevato e i derivati organostannici, essendo molto solubili nei solventi organici e nei grassi, possono trasferirsi agevolmente negli anelli delle catene alimentari, costituendo un rischio anche per la salute umana. Gli organismi marini sono particolarmente sensibili soprattutto allo stadio larvale e nei mitili a concentrazioni nell’acqua di 0,26 ùg/l la crescita viene totalmente inibita e la mortalità è alta entro un periodo di esposizione di 45 giorni. Dopo gli studi fatti in alcuni paesi, la Francia ha vietato l’uso delle vernici antivegetative per le imbarcazioni inferiori a 20 m già dal 1982. Restrizioni sono state adottate in Inghilterra, Australia, Canada, Paesi Bassi, Svizzera, Giappone, Danimarca e Hong Kong.. In Italia solo con un Decreto del Ministero della sanità del 29 luglio 1994 in base alle direttive 89/677/CEE, 91/173/CEE, 91/338/CEE, 91/339/CEE, si rende nota la pericolosità di tali sostanze senza disciplinarne in alcun modo l’uso.
Infine, per quanto riguarda l’aspetto economico, tenendo conto che quasi tutti questi comuni vivono essenzialmente di un turismo balneare e culturale, ci può venire in aiuto un recente interessante studio sul sistema turistico veneziano del COSES (Consorzio per la Ricerca e la Formazione).
In tale ricerca, più volte si evidenzia il prevalere attuale di un turismo diverso, più attento alle tradizioni locali e alle risorse naturali e culturali del posto, quindi un turismo museale e naturalistico.
Il turismo europeo da anni va verso questa direzione ed è quindi evidente la necessità anche della provincia di Venezia, di preparasi a ricevere nuove richieste turistiche indirizzate verso settori prima trascurati, quali l’ambiente, il turismo alternativo, fluviale, museale ecc...
Per tutti questi motivi, nuovi investimenti in attrezzature portuali-turistiche, devono fare i conti non solo con la costa e l’ecosistema lagunare già ampiamente dissestati ma pure con una programmazione economica-turistica che fa, di quell’ambiente che rischierebbe il collasso ecologico, la propria prioritaria risorsa.

 

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