Intervento uscito su TERRA NORDEST il 5 ottobre 2010

Abbiamo incontrato Carlo Rubini, scrittore, che grazie a Enel e con la collaborazione dell’associazione Trekking Italia (www.trekkingitalia.org) ha appena pubblicato un originale quanto interessante volume per riscoprire Porto Marghera sotto nuovi punti di vista. Il Volume si chiama “Marghera. Sentieri nel  tempo tra itinerari in un’altra Venezia”.

Come è nata l'idea di fare un libro di "trekking" fra le vie di Marghera e Porto Marghera conosciute in Italia non certo per essere luoghi da visitare ?

L’idea è del settore Relazioni esterne Area Nord di Enel, che mi ha proposto di riportare in un testo l’esperienza fatta dal vivo in occasioni di Centrali Aperte. In quelle occasioni, in cui le Centrali elettriche veneziane vennero aperte ai visitatori, Enel si servì della collaborazione dell’associazione Trekking Italia, partner anche di questa pubblicazione, per accompagnare alcuni itinerari a piedi nella zona industriale che si concludessero appunto nelle due centrali elettriche, la Volpi in prima zona e la Palladio a Fusina. Quegli accompagnamenti ebbero allora un certo riscontro. In ogni caso progettare e guidare trekking per l’associazione Trekking Italia è il pane quotidiano, la ragione sociale del suo esistere sin dall’85. Solo che, anziché fare solo Trekking classici, che pure si effettuano regolarmente, con grandi itineranze, dislivelli tra vette e altopiani lontani, l’associazione da sempre promuove un camminare intelligente che si offre, ovunque sia possibile, alla conoscenza dei luoghi, un andare senza fretta e senza traguardi agonistici, per poter vedere e capire. Trekking Italia cammina ovunque e quindi anche qui a Marghera. Poi, certo, la sua offerta è vastissima per la varietà dei luoghi e delle tematiche.

Dopo la tua esperienza, quale emozione può suscitare a un visitatore una delle zone industriali più grandi e a suo tempo più inquinate d'Europa in questa fase di graduale dismissione?

L’approccio del testo è quello di una narrazione progressiva a partire di ciò che si vede e si percepisce, così come in montagna si scorciano i panorami di monti e di boschi con quinte che si sovrappongono e forme che cambiano col progredire. Il paesaggio di Porto Marghera offre questa possibilità con fughe di ciminiere e di gru, di scheletri di capannoni tra erbe ed arbusti invasivi, con vuote, improvvise spianate, con l’acqua dei canali interni a riflettere tremolante tutto questo. Vedere le prospettive di Via delle Industrie dalla Torre di raffreddamento del Vega, o del Canale Nord dalla banchina ex Vetrocoke o del canale Ovest dall’Alto del Ponte Strallato, sono esperienze che possono evocare le emozioni di un quadro impressionista. E poi c’è l’emozione di stare in un luogo che ha fatto un pezzo di storia della città e del paese nel novecento. Attraversarli in silenzio da la sensazione di un’epopea, di una saga al tramonto, ma riesci a vedere in un immagine sovrapposta, quasi cinematografica, anche il lavoro, la fatica e il sudore per il calore dell’altoforno o del laminatoio. Inquinatissima, certo, Porto Marghera. E’ l’obiezione che fanno molti davanti alla proposta di camminarci dentro. L’aria lo è meno, credo, per le molte dismissioni, mentre molto più inquinati sono i terreni e i suoli.

L'archeologia industriale presente a Marghera può divenire davvero un punto di riferimento per il turismo industriale che muove i primi passi nel nostro Paese?

Certo se il viaggio o il percorso o la visita hanno come obiettivo il capire oppure, come ho indicato sopra, hanno come obiettivo un’esperienza estetica non banale e scontata, quello industriale è un turismo inevitabilmente di nicchia come lo è tutto il turismo di qualità. Detto questo, come ho già scritto nella precedente risposta Porto Marghera è veramente un luogo paradigmatico di un’epopea, quella dell’industria europea dell’8/900, che ha svolto un’ascesa dirompente e poi una parabola di discesa fino ad oggi. Come dunque giustamente ci sono i musei della civiltà contadina che illustrano un mondo rurale scomparso ( perché l’agricoltura moderna specializzata è un'altra cosa dal vecchio mondo rurale), così Porto Marghera è un luogo della memoria industriale a cielo aperto e come tale certamente è un punto di riferimento. Riflettevo nel mio testo che mentre la civiltà contadina prima di tramontare ha attraversato un percorso di millenni, l’epopea industriale ha bruciato il suo percorso in due secoli e Porto Marghera in novant’anni; ma è già inevitabilmente ‘archè’, antica, passata. Nel turismo culturale infine Porto Marghera e il quartiere urbano hanno una funzione fondamentale per illustrare al visitatore la Venezia del ‘900 e fargli capire che la deve cercare lì. Anche in questo, per tornare alla domanda, Porto Marghera per la nostra città è un punto di riferimento.

E' un libro che guarda al passato di Porto Marghera ma che in qualche modo vuole "disegnare" un nuovo futuro e nuovi obiettivi per queste aree?
Disegnare un futuro non era lo scopo del testo che ha invece una funzione divulgativa e come ho detto narrativa. Tuttavia implicitamente qua e là si suggerisce una linea per il futuro proprio riferendosi a un passato incompiuto. Porto Marghera nasce nel ’19 con un’idea molto avanzata e per quei tempi profetica che è quella della Grande Venezia. Uno scenario che i passatisti di ogni genere, conservatori e legati al mito della Venezia insulare hanno sempre rimosso e non accettato vedendo la zona industriale come un’ernia estranea. Sono quelli che, avversando qualsiasi tipo di opera, si sono sempre messi di traverso a tutte le proposte di modernizzazione della città, anche della città storica, e continuano a considerare Volpi e Cini, i fondatori della zona industriale, e quindi di un po’ po’ di opera, come dei nemici post mortem. Questa difficoltà ad accettare la terraferma industriale come parte integrante della città ha però determinato un scollamento tra le due parti di città, che perdura. Oggi c’è l’occasione di correggere questa unione incompiuta proprio attraverso un’area, quella industriale, che aveva in sé fin dall’origine il germe di una città metropolitana: riutlizzare un’area strategica immensa, luogo di riconversioni  soprattutto nel terziario, nella logistica e nel direzionale, come cerniera centrale tra acqua e terra facendone il nuovo centro del’area metropolitana veneziana. Camminando per Marghera ci si rende conto di ciò. Naturalmente, come in parte meritoriamente sta avvenendo al Vega, la cerniera tra passato e futuro è il mantenimento delle vecchie strutture come memoria, riempiendole delle nuove funzioni. Non dappertutto a Porto Marghera ciò sta accedendo perché molto anche si sta purtroppo abbattendo, radendo al suolo.

In conclusione, ci sono altri casi significativi in Italia di guide turistiche ad aree industriali?
Mi pare poco. Ci sono lavori rilevanti sull’archeologia industriale, sia a livello saggistico che di immagini o dell’uno con l’altro, veramente una ricca letteratura. Esempio eloquente per noi  è una pubblicazione di alcuni anni fa, ma ormai introvabile, promossa dal Comune di Venezia e curata e scritta da Sergio Barizza con immagini di Daniele Resini.  Ma guide poco, anche se un lavoro di apri pista lo ha sempre fatto il Touring Club Italiano da quarant’anni almeno a questa parte, inserendo numerosi approfondimenti archeoindustriali in guide però più generaliste. Ma dichiaratamente una proposta escursionistico/industriale non c’è. Trekking Italia sta proponendo il trekking urbano in molte situazioni in Italia e all’estero, per ora senza pubblicazioni scritte (a parte questa che per l’associazione è la prima). Ecco che un testo narrativo può essere utile per prepararsi prima o per approfondire poi ciò che si è visto. E’ un metodo nuovo che non ha molti precedenti. Enel tuttavia ha promosso qualcosa del genere con delle guide di itinerari, anche naturalistici, che si svolgono a partire dalle strutture della produzione dell’energia elettrica, centrali termoelettriche o bacini idroelettrici. Credo che i settori relazioni esterne di Enel stiano effettivamente tracciando una strada nuova in questo senso e si dovrebbe essere loro grati di questa sensibilità.