Intervista uscita su TERRA A NORDEST sabato 5 dicembre 2009

Abbiamo fatto alcune domande all’ing. Antonio Rusconi, Università IUAV di Venezia e già Presidente dell’Autorità di Bacino Alto Adriatico, riguardo il tema dei cambiamenti climatici e le possibili ricadute, in termini idraulici, nei nostri territori.

1. A Copenaghen sotto gli occhi di tutto il mondo si parlerà dei cambiamenti climatici e del dopo Kyoto, una domanda che sorge spontanea è quanto i cambiamenti climatici in atto possono interessare a livello locale i fiumi delle Venezie ovvero Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta Bacchiglione?

 I fiumi rappresentano solo una parte del più generale “sistema idrico” che interessa il territorio. Pensiamo alle acque sotterranee, alle riserve idriche dei laghi, ai serbatoi ed ai ghiacciai, alle acque di transizione. Questo sistema, in continua evoluzione, già da diversi decenni presenta dei trend evolutivi: sta cambiando il “bilancio idrologico”, cioè la distribuzione delle quantità d’acqua, in un certo tempo ed in un certo spazio, tra piogge, deflussi superficiali, deflussi sotterranei, vapore acqueo, riserve, ecc. Questa evoluzione sta provocando due tipi di cambiamenti che hanno una forte implicanza con la presenza dell’uomo sul territorio:
- l’aumento della frequenza e dell’intensità delle situazioni di deficit idrico in molti bacini idrografici;
- l’aumento delle situazioni spazio-temporali di rischio idrogeologico, cioè l’aumento della pericolosità idrogeologica (idraulica e geologica) e dei danni causati sui beni e sulle infrastrutture al verificarsi di precipitazioni intense, estese e di lunga durata e/o di violente mareggiate sui litorali. A fronte di tali processi evolutivi, poco rassicuranti per le prossime generazioni, la risposta dello Stato dovrebbe essere chiara, definita, e così non è. Nel 2010 ricorreranno dieci anni dall’emanazione della Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/CE. Il nostro Paese, con grave ritardo, ha recepito solamente nel 2006 tale norma, con l’emanazione del D.Lgs n. 152 (Codice Ambientale) che però, a tutt’oggi, presenta ancora gravi lacune nella sua attuazione, tra le quali il mancato avvio dei Distretti Idrografici.

2. Le coste e i fiumi del Triveneto risultano essere le aree più sensibili di fronte ai cambiamenti meteorologici in atto?

Per quanto riguarda il rischio idrogeologico, una peculiarità del Nord-Est è senza dubbio il precario assetto altimetrico della larga fascia di pianura posta nel retro della linea di costa e compresa tra le arginature dei fiumi Piave, Brenta, ecc.. Si tratta di terreni posti al di sotto del livello medio del mare anche di oltre due metri e tenuti all’asciutto artificialmente dalle idrovore dei Consorzi di Bonifica. I litorali sabbiosi che caratterizzano il relativo profilo costiero, dalla foce dell’Isonzo, al Delta del Po, dopo ogni mareggiata sono colpiti da ricorrenti gravi gli effetti di erosione delle spiagge e di arretramento della linea del bagnasciuga, anche in quei tratti dove lo Stato, alcuni anni fa, ha impegnato rilevantissimi fondi per ripascimenti artificiali. Questa criticità si accompagna con la drammatica risalita del cuneo salino all’interno delle foci fluviali e con la salinizzazione delle falde. I monitoraggi altimetrici sistematici effettuati in tali aree e quelli del livello medio del mare hanno mostrato che negli ultimi 130 anni il dislivello altimetrico terra-mare è diminuito di oltre 30 cm. Credo che sia giunto effettivamente il momento di pianificare a lunga scala temporale le azioni necessarie per un assetto costiero in grado di fronteggiare innalzamenti del livello del mare di 50/80 cm, come prospettato dagli Organismi scientifici Internazionali (IPCC, … ecc.), ivi compresa la laguna di Venezia, per la salvaguardia della quale, con gli scenari prospettati, sembrano del tutto inutili – o quantomeno già superati - i grandi interventi strutturali di chiusura mobile delle bocche di porto.   
    
3. Dalla tua lunghissima esperienza professionale, cosa si può fare, anche a livello locale, per contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici ?

Siamo in Europa e in Italia. L’Europa negli ultimi anni ha emanato molte Direttive riguardanti la tutela delle acque, il loro governo, in particolare quelle sotterranee e la difesa dalle alluvioni. Sta al nostro Paese il compito, mediante le proprie leggi, di recepire tali Direttive e rispettare le scadenze stabilite dalla Comunità europea.
Ma c’è dell’altro. Lo Stato non deve abbandonare il campo, lasciando fare tutto alle Regioni: deve comunque esercitare le sue funzioni di indirizzo, coordinamento e controllo. Pensiamo ai bacini idrografici interregionali.  
Nel caso del Triveneto infine si dovrebbe anche istituire un unico soggetto interregionale preposto alla gestione diretta delle acque, all’attuazione dei piani redatti dall’Autorità di Bacino, incaricato del coordinamento sovraregionale del servizio di piena e della polizia idraulica, un po’ come è stato fatto per il bacino del Po, con l’AIPO, che affianca l’attività di pianificazione dell’Autorità di Bacino.