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Porto Marghera fra passato e futuro

Uscito sulla rivista Verde Ambiente numero novembre-dicembre 2001

Il polo industriale costiero di Porto Marghera occupa un fronte di circa 6 Km della gronda comunale di Venezia, tra San Giuliano e Fusina e si estende mediamente per circa 4 Km. I 2000 ettari di territorio inglobati nel perimetro del polo, funzionalmente suddivisi tra terre emerse e canali d’accesso, rappresentano approssimativamente il 16% dell’intero territorio provinciale e il 36% della sua superficie urbanizzata.
Fin dalla nascita il polo industriale di Porto Marghera ha comportato rilevanti implicazioni ambientali, anche se ampiamente sottovalutate, e lo sconvolgimento di un ecosistema particolarmente delicato e complesso come quello della Laguna di Venezia. La realizzazione, tra i primi anni del 1900 e gli anni ’70, di un grande polo industriale e portuale all’interno della laguna di Venezia ha reso necessaria una ampia bonifica per attrezzare sempre maggiori spazi da destinare all’industria. Purtroppo una visione esclusivamente utilitaristica dell’occupazione del territorio ha prodotto un disastro ambientale delle cui dimensioni solo negli ultimi anni se n’è avuta piena coscienza. Così mentre per la formazione delle aree sulle quali insiste la prima zona industriale, sono stati utilizzati quasi esclusivamente i materiali di risulta degli scavi dei canali portuali, la seconda zona industriale è stata invece costruita sopra dei residui derivanti dalle lavorazioni della prima zona industriale risolvendo in tal modo contemporaneamente il duplice problema di collocare i rifiuti e di bonificare le aree.
I fanghi di bauxite, i refrattari ed i resti catodici derivanti dalla produzione dell’alluminio primario, le ceneri della pirite dalla produzione dell’acido solforico, i gessi di scarto dell’acido fosforico, le scorie di fonderia, le ceneri di carbone dalle centrali termoelettriche e varie altre tipologie di rifiuti, sono stati scaricati in enormi quantità prima nelle aree di espansione della zona industriale poi, quando la capacità ricettiva si è esaurita, lungo tutta l’interfaccia tra la laguna e la terraferma, tra Campalto, a nord, e Dogaletto, in Comune di Mira, a sud, espandendosi anche verso la terraferma ed interessando anche aree oggi residenziali, agricole e con destinazioni diverse. Agli inquinanti delle prime attività industriali, prevalentemente inorganici, si sono aggiunti poi i contaminanti organici, derivanti dall’industria petrolifera e petrolchimica e, in particolare, dalle lavorazioni del ciclo del cloro : idrocarburi clorurati, ammine aromatiche, idrocarburi aromatici, policlorobifenili e diossine.
Il risultato finale è che da passo Campalto a Fusina, passando per i Pili e attraverso la prima e seconda zona industriale, estendendosi anche maggiormente nell’entroterra veneziano, fino a tre, quattro metri di profondità, vi sono milioni di metri quadrati di suolo inquinato da fosfogessi, fluorogessi, derivati della bauxite, ceneri di pirite, idrocarburi clorurati, ceneri di carbone, nerofumo, fanghi al mercurio, metalli pesanti ed altro.
Il problema che si pone oggi è quello della bonifica dei siti contaminati, che a livello mondiale viene affrontata con grandi difficoltà e con rilevanti sforzi economici e tecnologici. Si apre pertanto una nuova frontiera per la scienza: quella di riparare i danni ambientali prodotti da uno sviluppo economico che non aveva tenuto conto delle problematiche inerenti alla difesa dell’ambiente e della salute.
L’Amministrazione Provinciale di Venezia è competente, ai sensi dell’art. 6 comma 2 della L.R. 3/2000, in materia di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, fatta salva l’istituzione dell’apposito fondo regionale e con l’eccezione dei casi in cui l’intervento comporti l’allestimento di discariche classificate come impianti di prima categoria (tale competenza come è stata passata ai Comuni con il D. Lgs. 22/97.)
Compito della Provincia è anche promuovere la bonifica e/o la messa in sicurezza dei siti inquinati mediante interventi che rendano il suolo, le acque sotterranee e le acque superficiali compatibili con nuovi utilizzi delle aree.
Con l’approvazione del Decreto 471/99, sono stati definiti i livelli di accettabilità della contaminazione dei terreni in relazione ai diversi usi (industriale e commerciale, residenziale e ricreativo) e sono state indicate le modalità per la bonifica, la messa in sicurezza e il ripristino ambientale degli stessi siti. Secondo tali indicazioni, viene individuato quale obiettivo primario di qualsiasi intervento la bonifica del sito, che consiste nella riduzione dei livelli di inquinamento entro i limiti di accettabilità, ovvero entro i limiti del fondo naturale per quelle sostanze per le quali sia dimostrato che, nell’intorno del sito, i valori di concentrazione del fondo naturale sono superiori ai limiti di accettabilità. Gli interventi devono privilegiare il ricorso a tecniche che favoriscono la riduzione della movimentazione, il trattamento in sito e il riutilizzo del suolo e dei materiali sottoposti a bonifica, allo scopo di ridurre i rischi derivanti dal trasporto e dalla messa in discarica dei rifiuti e dei terreni contaminati. Al completamento delle operazioni di bonifica, certificato dalla Provincia, l’area bonificata sarà sgombra da vincoli e pienamente fruibile secondo le previsioni urbanistiche. Solo nel caso in cui il progetto dimostri che, nonostante l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili, i valori limite accettabili per gli inquinanti nel suolo non sono raggiungibili con costi sopportabili, possono essere autorizzati interventi di bonifica e ripristino ambientale con misure di sicurezza. Le misure di sicurezza (barriere fisiche, sbarramenti di pozzi, prelievi o trattamenti di acque sotterranee, inertizzazione chimica dei rifiuti e dei terreni) devono garantire il contenimento dell’inquinamento e la protezione dei ricettori umani e ambientali. Interventi che non considerino alcuna ipotesi di bonifica, ma che prevedano solo misure di messa in sicurezza permanente, con eventuali interventi di ingegneria naturalistica, possono essere autorizzati qualora la fonte inquinante sia costituita da un deposito di rifiuti che non sia possibile rimuovere. Tale intervento deve comunque privilegiare possibilmente tecniche che portino alla riduzione del volume dei rifiuti stoccati, allo scopo di limitare la superficie e il volume complessivi del sito, fatto salvo l’obbligo di procedere alla bonifica delle aree eventualmente contaminate dai rifiuti.
In seguito all’Accordo di Programma sulla Chimica a Porto Marghera (marzo 1998), vi è ora la volontà, anche se dopo la sentenza del Petrolchimico sono sorte maggiori e legittime difficoltà in proposito, di costituire e mantenere nel tempo a Porto Marghera condizioni ottimali di coesistenza tra tutela dell'ambiente, sviluppo e trasformazione produttiva nel settore chimico.
Anche per quanto detto in precedenza, fra i siti classificati d’interesse nazionale dalla legge 426/98 che individua le aree ad elevata contaminazione, al primo posto è stata collocata la zona di Venezia – Porto Marghera, la cui perimetrazione è stata successivamente definita con il Decreto del 12 febbraio 2000 del Ministero dell’Ambiente. Così l’area d’interesse nazionale non è strettamente limitata alla sola zona industriale, ma comprende anche le aree contaminate esterne in cui sono stati scaricati i rifiuti industriali ed una parte di laguna i cui sedimenti possono essere contaminati per azione delle sostanze inquinanti presenti negli scarichi e depositatesi, nel corso degli anni, sul fondo della Laguna di Venezia.
In seguito al D.P.C.M. 12 febbraio 1999 che ha approvato il citato Accordo sulla chimica, il 7 giugno 2000 è stato siglato un protocollo d’intesa tra Ministero dell’Ambiente, Ministero dell’Industria, Regione del Veneto, Provincia e Comune di Venezia, che impegna i firmatari alla messa a punto di un atto integrativo dell’Accordo che assegni l’istruttoria dei progetti di bonifica dei siti interessati dall’Accordo alla Conferenza di servizi e relativa Segreteria Tecnica, integrata dai soggetti previsti dal D.M. n.471/1999 che regolamenta la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati.
L’importante Atto Integrativo dell’Accordo di Programma sulla Chimica a Porto Marghera è stato siglato il 15 dicembre 2000 dai Ministeri dell’Industria, dell’Ambiente, della Sanità e dei Lavori Pubblici, dagli Enti locali (Regione, Provincia, Comune), dall’Autorità Portuale, dalle Associazioni sindacali e di categoria oltre ovviamente dalle Aziende chimiche presenti a Porto Marghera, definisce le procedure e le strategie da adottare per il risanamento e la riqualificazione ambientale di Porto Marghera, costituendo pertanto un impegno concreto e preciso per tutti i sottoscrittori.
Le strategie dell’Accordo integrativo prevedono:
• progetti coerenti ad un programma di riqualificazione ambientale dell’area;
• approntamento delle soluzioni più adeguate e tempestive;
• esecuzione degli interventi preliminari necessari ad evitare la diffusione degli inquinanti (diaframma delle sponde, completamento delle opere idrauliche periferiche per la captazione delle acque, realizzazione di un sistema di depurazione delle acque raccolte).
Per orientare la redazione dei progetti di intervento, coerentemente con il programma di riqualificazione ambientale dell’intera area interessata dall’Accordo e garantendo nel contempo la definizione delle soluzioni più adeguate e tempestive, in ragione delle particolari specificità dei siti, il Comitato di Sorveglianza dell’Accordo prevede di adottare un “master plan” che dovrà individuare:
• Le tipologie degli interventi di risanamento ritenute tecnicamente ed economicamente praticabili, garantendo il mantenimento delle attività industriali e privilegiando le tecniche che favoriscano il trattamento nel sito e il riutilizzo dei materiali;
• Le modalità organizzative e le soluzioni tecnologiche per lo stoccaggio, il trattamento e lo smaltimento dei materiali che dovranno essere sottoposti a bonifica;
• La temporalizzazione degli interventi;
• La valutazione di massima dei costi degli interventi;
• I criteri per il monitoraggio dell’attuazione del “master-plan”;
• I criteri per il coordinamento degli interventi pubblici e privati;
La redazione del “master plan” finanziata dalla Regione Veneto attraverso i fondi della Legge Speciale per Venezia è stato affidato a un gruppo di lavoro formato da cinque importanti società che conoscono le caratteristiche dell’area interessata: Amav, Amav-Battelle, Consorzio Venezia Ricerche, Thetis e Palomar.
L’Accordo Integrativo infine prevede che il 2% degli importi destinati agli interventi di bonifica siano destinati al finanziamento di programmi di ricerca applicata, approvati dal gruppo di lavoro per il master plan, per la individuazione e lo sviluppo delle migliori tecnologie di bonifica applicabili a Porto Marghera. Un ulteriore 2% degli importi destinati agli interventi di bonifica, sarà affidato al Comune di Venezia per il finanziamento degli interventi di riqualificazione paesaggistica, qualora tali interventi non siano previsti dai progetti approvati. Questo aspetto permetterà così di restituire dignità storica ai territori deturpati e costruire una nuova conoscenza multidisciplinare dove la capacità amministrativa di scegliere indirizzi di sviluppo e la competenza tecnica sia nel risanamento ambientale, sia nella costruzione delle forme e nella modellazione dei luoghi, contribuiranno insieme, questa è la speranza, a garantire la tutela dell’ambiente e della salute ed a definire il paesaggio futuro.

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