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Accordo di programma sulla chimica di Porto Marghera

Uscito sul settimanale Erba ottobre 1998

Il 21 ottobre è stato sottoscritto a Roma, dopo quasi due anni di trattative, l’accordo di programma sulla chimica a Porto Marghera. Il nuovo governo, gli Enti locali, la Regione, sindacati e imprenditori, hanno raggiunto un punto di equilibrio tale da rendere compatibile la presenza degli impianti chimici con il delicato ecosistema lagunare e gli insediamenti residenziali adiacenti al polo industriale di Marghera. L’accordo era stato preceduto da aspre discussioni e polemiche fra l’Enichem, i sindacati, gli amministratori locali e gli ambientalisti. Nei mesi precedenti vi erano state numerose iniziative contro la presenza della chimica a Porto Marghera ma, l’avvenimento più importante, era stato sicuramente l’inizio del processo, in aula bunker a Mestre, per le morti al petrolchimico causate dal Cvm. Imputati 30 dirigenti di Enichem e Montedison, accusati di strage colposa e disastro ambientale, avendo taciuto sui danni alla salute umana causati dalla lavorazione del Cvm. L’opposizione poi del Prosindaco verde Gianfranco Bettin alla proposta del raddoppio della produzione di Pvc a Marghera ventilata dall’Evc, multinazionale leader europeo del settore, e un referendum autogestito, organizzato dai centri sociali veneziani, con l’appoggio dell’associazionismo e di alcune forze politiche, soprattutto Verdi e una parte di Rifondazione Comunista, che aveva portato migliaia di cittadini ad esprimersi contro la presenza nel territorio lagunare di produzioni nocive e pericolose, aveva fatto addirittura vacillare la maggioranza che appoggiava il Sindaco Cacciari. Sicuramente le tensioni di questi mesi e l’esigenza di mettere al più presto in sicurezza tutta l’area di Marghera hanno incentivato il raggiungimento dell’accordo. Accordo che prevede un investimento complessivo di 1575,5 miliardi, gran parte dei quali destinati a migliorare la qualità e la sicurezza degli impianti. Si prevede l’interramento dei depositi di fosgene e, in prospettiva, il dimezzamento di questo pericoloso gas, l’introduzione di un sistema generale di monitoraggio dello stato ambientale, il rilievo tempestivo di incidenti industriali e da trasporto di sostanze tossico o pericolose, l’uso del sistema telesatellitare GPS per il controllo della posizione delle petroliere che entrano in laguna, il cui numero sarà ridotto da 180 a 80 all’anno, la traslazione dei depositi più pericolosi. E’ prevista pure la realizzazione di un impianto di clorosoda che utilizzerà delle nuove tecnologie che permetteranno di eliminare l’uso del micidiale mercurio. Il Ministro dell’Ambiente Ronchi, il Ministro dell’Industria Bersani, il Presidente della Regione Galan e il Sindaco di Venezia Cacciari, hanno espresso grande soddisfazione per l’accordo raggiunto che permetterà di procedere con il piano di bonifiche per tutti i 700 ettari dell’area, a spese delle imprese. Contenti pure i sindacati, in questi mesi spesso in contrapposizione con gli ecologisti accusati di voler chiudere Marghera lasciando gli operai senza lavoro, i 500 esuberi previsti dall’accordo troveranno lavoro proprio grazie alla riqualificazione e risanamento ambientale dell’area. Caute le posizioni delle associazioni ambientaliste veneziane che, vale la pena ricordarlo, si sono tutte costituite parte civile al processo contro il Petrolchimico. Per Paolo Perlasca, responsabile del WWF di Venezia, “l’accordo rappresenta solo un piccolo passo verso la riconversione dell’area. Rimangono ancora delle produzioni pericolose e non si intravede chiaramente un segnale verso l’adozione di tecnologie a basso impatto ambientale”. Dello stesso parere anche Silvano Venier, Presidente del circolo veneziano di VAS, un po’ più ottimista per un futuro pulito di Porto Marghera anche se, “il documento firmato a Roma, rappresenta più una messa in sicurezza dell’esistente che una concreta prospettiva di trasformazione dei cicli produttivi più inquinanti”. Più duri i commenti di Medicina Democratica e Greenpeace. Carla Cavagna, Marco Caldiroli e Luigi Mara, per conto di Medicina Democratica, esprimono chiaramente la loro contrarietà alle produzioni di morte chimica a Porto Marghera, così come in altri luoghi del Paese. Fabrizio Fabbri, che per conto di Greenpeace da anni segue le vicende del Petrolchimico, attacca l’accordo, sottolineando il fatto che “il documento non tiene assolutamente conto della peculiarità rappresentata dalla città storica e dal suo ecosistema. I punti principali dell’accordo non rappresentano nulla di nuovo poiché le stesse direttive europee prevedono quei provvedimenti che oggi sono salutati con entusiasmo e come novità, dal mondo politico”. Infine, sempre secondo Fabbri, “l’accordo non tiene conto dei microinquinanti, pericolosissimi per l’ecosistema lagunare, e non c’è impegno per la riduzione delle produzioni più nocive per la salute dell’uomo”. Ora a Marghera bisogna passare comunque alla fase operativa, fase non meno difficile della precedente poiché, in base alle direttive europee sulla riduzione delle emissioni inquinanti di composti organici volatili e sulla protezione della qualità dell’aria, tutti gli impianti dell’area dovranno essere riautorizzati, in base alla loro compatibilità con l’ambiente circostante, entro il 2006.

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