Uscito su TERRA NORDEST il 25 maggio 2010

La legge regionale veneta n. 11 del 13 aprile 2001 ha attribuito alla Giunta Regionale Veneta, fino all’approvazione del piano energetico regionale, piano che ancora oggi colpevolmente la Regione non ha approvato, le funzioni relative all’autorizzazione per l’installazione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia, inferiori a 300 MW, con esclusione di quelli che producano energia da rifiuti.

Con una specifica delibera che disapplica l’art.44 della legge urbanistica (la numero 11 del 2004) la Regione Veneto ora consente  a tutti i soggetti  la collocazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili in aree rurali. La conseguenza è quel che già sta succedendo ovvero che chiunque voglia investire nel settore agro energetico può addirittura “piantare” pannelli solari direttamente sul terreno col rischio di passare dalla coltivazione di mais a quella del fotovoltaico. La cosa preoccupa non poco diverse organizzazioni agricole, in primis Coldiretti. Inoltre apre un dibattito sulle conseguenze che potrebbe avere una massiccio uso del suolo, in teoria agricolo, per produrre invece energia, pur pulita e rinnovabile. E’ ovvio che se la priorità di installare impianti bioenergetici in campagna fosse ancora lasciata agli imprenditori agricoli l’interesse principale sarebbe quello della produzione di beni alimentari con l’ausilio di fonti rinnovabili quali ad esempio il riutilizzo di bio masse forestali, il recupero di energia da effluenti zootecnici e i residui agroindustriali per energia termica ed elettrica. Ma, come denuncia Coldiretti Veneto, non è cosi. L’organizzazione aveva chiesto il sollecito intervento della Regione al fine di regolamentare le iniziative, inserendole in una filiera locale e limitando quelle slegate dalle potenzialità produttive dell’agricoltura.
Invece con il provvedimento regionale n.2204 del 2008 si favoriscono gli  impianti più grandi, alimentati da biomasse non necessariamente locali,  mentre quelli di dimensioni minori, devono dimostrare la connessione con le biomasse prodotte prevalentemente dall’azienda agricola.
Paradossalmente, quindi, le imprese che nulla hanno a che vedere con l’ambito produttivo agricolo, possono realizzare impianti alimentati con biomasse importate addirittura dall’estero e proprio in zona agricola.
Il caso più eclatante, denuncia Coldiretti, è la realizzazione di uno dei più grandi impianti di fotovoltaico  nel comune di Canaro (Ro) destinato a coinvolgere 170 ettari di superficie agricola.
Coldiretti è dunque  ricorsa al Tar per bloccare sul nascere tutte le prospettive di “semina” di  pannelli solari. Purtroppo, fa sapere Coldiretti, il 6 maggio c’è stato il nulla osta dei giudici che autorizza i lavori.
L’organizzazione ha scritto direttamente al Presidente della Regione Veneto Luca Zaia e agli assessori regionali competenti: Massimo Giorgetti per l’energia, Franco Manzato per l’agricoltura e Marino Zorzato per l’urbanista chiedendo loro di dare un chiaro indirizzo in materia evitando una continua e progressiva sottrazione di suolo agricolo.
“E’ urgente l’avvio – si legge nella lettera – di  una nuova fase programmatica all’insegna di uno sviluppo sostenibile e compatibile tra l’agricoltura veneta e il settore dell’ energia da fonti rinnovabili”. Il rischio quindi, assolutamente da evitare, è che il necessario sviluppo di impianti di energia rinnovabile e pulita sia causa di un uso distorto del suolo agricolo.
Recentemente , come ha denunciato il creatore di Sloow Food Carlo Petrini, troppi terreni agricoli, a coltivo o a pascolo, vengono sottratti alla produzione e quindi anche alla tutela del paesaggio agrario per la creazione di  mega-impianti fotovoltaici. Sembra sbagliata quindi la filosofia della concentrazione di maxi-impianti, sia eolici che fotovoltaici, in zone agro-silvo-pastorali e, forse, sembra radicalmente sbagliato procedere alla loro installazione sotto la pressione di industrie produttrici o di loro intermediari, quindi in base a logiche privatistiche e speculative, con poca trasparenza anche a causa della mancanza di una seria pianificazione energetica regionale come avviene nel Veneto.