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Veneto, le polemiche sotto il fango

Intervento uscito su TERRA del 9 novembre 2010

E’ ancora allerta meteo nel Veneto. In queste ore il nord-est è colpito da una nuova perturbazione, meno intensa di quella precedente che ha causato i gravissimi disagi nel vicentino e padovano, ma che preoccupa comunque la protezione civile che, in contatto diretto con le prefetture, in queste ore presidia tutti i territori più a rischio.

I vigili del fuoco segnalano che per il momento la tenuta dei fiumi è sotto controllo: i livelli idrometrici sono in calo, con un particolare decremento del Po. Ma c'è il rischio, segnala ancora la Protezione Civile, che le nuove piogge possano portare a cedimenti degli argini. Paura anche nelle zone pedemontane e montane, anche queste risultano  sotto attenta osservazione in queste ore,  dove le recenti piogge hanno causato numerose frane e smottamenti. In queste ore un’ondata di maltempo ha colpito in particolare il Friuli orientale, da Grado (Gorizia) al Manzanese e al Cormonese.  Numerosi gli interventi dei Vigili del fuoco per allagamenti di scantinati con Forze dell'ordine e Protezione civile impegnate in tutta la zona. I principali corsi d'acqua della zona - il Vipacco, il Torre e l'Isonzo - sono in piena, ma il livello rimane sotto i limiti di guardia. Inoltre, a causa peggioramento condizioni meteo, il Centro Maree del Comune di Venezia prevede per oggi un livello di marea di 115 cm. sul livello medio del mare alle ore 11.20. Marea pertanto molto sostenuta.
Mentre prosegue il lavoro di pulizia dal fango nel vicentino e padovano, non si placano nemmeno in queste ore ancora di “rischio meteo” le polemiche.  Continuano a restare chiuse numerose aziende soprattutto nel vicentino. La Confindustria veneta protesta per l’esiguo stanziamento dello Stato per far fronte all’emergenza: 20 milioni di euro che in Veneto si ridurranno a una decina di milioni. Il Governatore del Veneto Luca Zaia, in accordo con gli industriali, ha proposto di trattenere le tasse sul territorio mentre attende la nomina di commissario straordinario per questa emergenza. Ma pure gli ambientalisti e i cittadini evidenziano numerose problematiche relative al cattivo uso e consumo del territorio.
Legambiente Veneto evidenzia che sono 161 i comuni del Veneto in cui sono presenti aree a rischio idrogeologico individuati dal Ministero dell’Ambiente e dall’Unione delle Province Italiane nel 2003, il 28% del totale (di cui 41 a rischio frana, 108 a rischio alluvione e 12 a rischio sia di frane che di alluvioni). La Regione Veneto nel suo corposo e interessante volume “Ambiente e Territorio 2010” afferma che “dal punto di vista idraulico l’analisi dei risultati di sintesi evidenzia come le aree a più alta pericolosità siano poco estese (meno del 6% del complessivo), mentre le maggiori problematiche si concentrano nei fiumi Brenta, Piave e Livenza ove si localizzano i ¾ delle aree a pericolosità idraulica”. Ma nello stesso volume si scrive pure che “vaste e difficilmente elencabili sono poi le condizioni di criticità legate alla rete minore ove l’aumento dell’impermeabilizzazione del suolo e il continuo sottrarre aree alla naturale espansione dei corsi d’acqua fanno sì che anche per piogge non particolarmente intense si devono registrare esondazioni,  la maggiore urbanizzazione amplifica poi i danni che si vengono a creare.  Non bisogna dimenticare la continua necessità della manutenzione delle opere idrauliche, gli oltre 5.000 km di corsi d’acqua del sistema idrografico di competenza della Regione esigono di un continuo e assiduo monitoraggio e immediati interventi e ripristino e sistemazione “.  Infine è opportuno far notare che la stessa Regione Veneto scrive che “il Piano di Assetto Idrogeologico stima per la mitigazione del rischio idraulico nel solo bacino del fiume Piave un costo degli interventi di quasi 600 milioni di euro”.
La recente alluvione che ha colpito il Veneto e soprattutto le province di Padova e Vicenza dimostra come sia evidente la necessità di passare dalle parole hai fatti e induce ad alcune riflessioni. Che la difesa del suolo oggi più di ieri sia un aspetto fondamentale per il futuro dei nostri territori e che serva intervenire su quel reticolo idrografico minore, su quei fiumi, torrenti e fossi, che sembrano rappresentare oggi la vera emergenza dell’Italia e del Veneto. La prevenzione va fatta prima e non dopo le catastrofi. Bisogna programmare e pianificare gli interventi, guidare i processi di intervento in modo graduale e sostenibile e non con l’emozione post-evento. E questo è possibile innanzitutto con il superamento dell’attuale disordine istituzionale in materia di governo delle acque e difesa del suolo. Rimane comunque evidente il problema denunciato da tempo dagli ambientalisti del consumo del suolo e della continua cementificazione dello stesso e delle aree golenali a pertinenza fluviale. Troppe costruzioni abusive, poca la manutenzione sui corsi fluviali, troppe le speculazioni sui Prg comunale affinché si consenta di costruire anche laddove non si potrebbe. Per Legambiente Veneto: “riqualificazione del territorio, diminuzione del consumo di suolo, delocalizzazione dei beni esposti al rischio devono invece essere e parole d’ordine nel piano di messa in sicurezza del territorio. Solo così sarà possibile invertire il processo di sfruttamento e consumo di territorio, prendendo atto che la sicurezza, fruibilità e bellezza di un bacino idrografico dipendono prima di tutto dagli usi cui si destina”. Anche queste recenti alluvioni dimostrano come  la più grande opera pubblica di cui il Paese ha bisogno, di cui il Veneto ha bisogno, sia di fronte agli occhi di tutti: messa in sicurezza idraulica e ripristino idrogeologico del territorio. 

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