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Editoriale.....paesaggio

Editoriale uscito sul n. 2 - 2008 della rivista Verde Ambiente - Speciale Nord-est

Giuseppe Galasso, nell’interessante volume La tutela del paesaggio in Italia 1984 –2005, Editoriale Scientifica 2007, descrive con grande chiarezza e ovvia competenza la storia della difesa del paesaggio in Italia, partendo da una cruda considerazione che a partire dagli anni ’70, “l’urbanizzazione selvaggia, dentro e fuori delle città, e una frettolosa trasformazione del territorio a scopo di utilizzazione turistica, di insediamento industriale, di sfruttamento variamente differenziato, di formazione di un grande sistema autostradale, di una viabilità omnidifusa portarono a sconvolgere traumaticamente l’assetto e l’aspetto di luoghi, che in molti casi avevano conservato i tratti più antichi, se non proprio originari, di una natura e di un paese considerati tra i più suggestivi del mondo. Vennero prodotti guasti che, nella massima parte dei casi, si sono rilevati, alla fine, irreversibili”. Se pensiamo a quello che sta succedendo a pochi passi da Arquà Petrarca, dove si costruisce modificando il paesaggio caro al poeta in barba alla identità storica del luogo, è evidente che la considerazione di Galasso si sposa purtroppo ancora bene con il tempo presente.  Pertanto appare condivisibile la posizione recente dell’associazione Italia Nostra che nei commenti generalmente entusiastici che si sono letti su tutta la stampa, in particolare la dichiarazione trionfale dell’ex ministro Rutelli, riguardo la revisione conclusiva del “codice dei beni culturali e del paesaggio”, stenta a riconoscere “una svolta storica”. Si tratta invece di un assai cauto intervento correttivo che ripristina talune essenziali garanzie, come in tema di alienazione di beni culturali pubblici (non però nei controlli sui trasferimenti privati all’estero), ma non sa riconoscere nel “centro storico” un unitario bene culturale e, per talune sue disposizioni, segna perfino un arretramento rispetto alla precedente revisione. Non si vuole ad esempio che il parere della Soprintendenza rimanga in ogni caso vincolante (anche a regime) quando la Regione abbia delegato i comuni a rilasciare l’autorizzazione paesaggistica, mentre appare positivo che i nuovi piani paesaggistici (e l’adeguamento di quelli esistenti) siano redatti di intesa da Regione e Soprintendenze e che il Ministero possa autonomamente riconoscere nuovi ambiti di tutela paesaggistica, dettandone la disciplina. E se pure, in conclusione scrive Italia Nostra, ci si voglia dichiarare soddisfatti per il recupero di essenziali funzioni alle istituzioni di tutela dello Stato, non può essere ignorato il problema che gli uffici territoriali del ministero - le Soprintendenze -  a quelle funzioni non sono in grado di far fronte (perché mantenuti in vistosa carenza di energie professionali e mezzi) e dunque la effettiva salvaguardia del paesaggio esige misure straordinarie che rimandano alla responsabilità politica del nuovo Parlamento e del nuovo Governo. E, aggiungo io, non è segno confortante che questo tema sia rimasto quasi del tutto assente dal dibattito elettorale. Anche per questi motivi, abbiamo voluto affrontare il tema del “paesaggio” in questo Speciale Nord-est, e lo abbiamo fatto con una serie di interventi assai significativi. Tania Rossetto dimostra come in realtà oggi parlare di  “paesaggio” diventi “occasione” per analizzare la domanda sociale di qualità territoriale in Veneto,  Francesco Vallerani ci parla di una eredità dispersa, quella palladiana, che in terra veneta, come ha scritto nel suo intervento, ha esercitato per secoli un importante influsso non solo nella diffusione della villa di campagna, ma anche in una specifica costruzione di territorialità fatta di gestione delle acque, di propagazione di modelli agronomici, di espansione di interessi produttivi attorno a una ben distribuita presenza di ruote idrauliche. Marco Zanetto affronta con competenza la pianificazione paesaggistica nel nord-est, Mauro Varotto infine dà, come dice lui, uno “sguardo” ai numerosi comitati ambientali presenti nel nostro territorio, analizzando i motivi della protesta, introducendo un interessante concetto di “ambientalismo civico”. Proprio su questo concetto voglio concludere, dicendo che chi volesse ridurre la politica dell’ambiente e del paesaggio alla sola nozione di tutela, come spesso è successo negli ultimi anni, priverebbe di senso e di densità lo stesso concetto di politica dell’ambiente e del paesaggio. Politica che non può più fermarsi a un solo concetto prescrittivo o di vincolo, ma deve avere la capacità e il coraggio di governare un processo di trasformazione territoriale che dovrà necessariamente rispettare la storia e l’identità stessa dei luoghi.

Ultimo aggiornamento ( Lunedì 30 Marzo 2009 15:22 )

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